.

.
.

venerdì 27 settembre 2013

APONOGETON DISTACHYOS, UN LETARGO ESTIVO

Quando parliamo di letargo, in genere pensiamo ai lunghi inverni freddi in cui piante e animali sonnecchiano in attesa che i raggi solari riscaldino un po' l'aria.
Nel caso di Aponogeton distachyos o Biancospino d'acqua (per il profumo simile), il discorso è opposto.
Questa piccola acquatica idrofita mal sopporta le alte temperature estive e, dopo una meravigliosa fioritura primaverile perde il suo fascino ed entra in una fase di quiescienza, si affloscia lentamente, a volte scomparendo del tutto.

Aponogeton distachyos

Il Biancospino d'acqua è nativo del Sud Africa e non è ancora riuscito ad adattarsi alle estati afose della fascia mediterranea.
La produzione principale di fiori avviene in primavera, le infiorescenze biforcute escono dal pelo dell'acqua e mostrano fiori bianchi dall'aspetto ceroso con antere viola scuro a forma di "Y".


Perfetta per laghetti profondi ma adatta anche a minipond, sviluppa piccioli lunghi sino 1 metro dal rizoma, le belle lamine fogliari hanno un color verde medio a volte con chiazze marroni e galleggiano elegantemente sulla superficie dell'acqua.
Nei giardini d'acqua dove il clima è mite la pianta è sempreverde, se tenuta in ombra mantiene il suo apparato fogliare anche in estate.


In questi giorni di inizio autunno, Aponogeton distachyos è in piena fioritura.
Il profumo dei fiori è potente e duraturo, nell'aria serale ancora tiepida si diffonde gradevolmente fino al mese di Novembre a seconda della fascia climatica.

La manutenzione è scarsamente impegnativa: basta eliminare le foglie ingiallite, coltivare Aponogeton distachyos all'ombra, effettuare la divisione a tarda primavera momento in cui è possibile impiantare i tuberi in piccoli gruppi direttamente nel fango o in cestelli.
Tra le nuove piante mantenere una distanza di 40-45 cm. siccome il fogliame galleggiante si espande rapidamente.


La pianta è in grado di autoseminarsi, i semi galleggiano sulla superficie dell'acqua dove riescono a germinare.

Controllare che il rizoma in inverno sia collocato al di sotto della crosta di ghiaccio, se l'acqua non è molto profonda ricoverare Aponogeton distachyos in un luogo riparato al buio. 


Nell'allestimento di un mastello o un minipond risulterà piacevole associare  Aponogeton distachyos con una ninfea nana, le prolungate fioriture autunnali riempiranno il giardino o il terrazzo di colori e profumi inebrianti.

giovedì 26 settembre 2013

ENFITEUSI, PARTECIPANZA E FIOR DI LOTO

Enfiteusi, Partecipanza e fior di loto: tre elementi che sembrano non aver nessun legame, parole un po' astruse per chi non mastica Diritto romano o per chi non risiede nella Bassa Padana.

Le mie origini paterne sono nonantolane, la vecchia abbazia ultramillenaria è a pochi chilometri da casa mia, severa e maestosa domina la pianura del territorio di Nonantola.

Interno dell'Abbazia di Nonantola

Il mio nonno paterno ha sempre vantato con orgoglio la potenza secolare dei monaci dell'abbazia di Nonantola, (cittadina in cui era nato) padroni assoluti di vasti territori paludosi che, grazie alle donazioni dei monaci e al lavoro testardo degli antichi emiliani, sono diventati le fertili terre dell'Emilia dell'Est.


E' qui che entra in gioco l'enfiteusi, il diritto reale di godimento di una proprietà, ovvero lo stumento amministrativo che regolarizza la concessione di fondi da parte di un proprietario.
Molto utilizzato dalla Chiesa romana tra il VII e L'VII sec. d. C., raggiunge il suo massimo nel periodo medioevale del feudalesimo.
Considerato obsoleto si è evoluto nei secoli, trasformandosi con legislazioni più attuali.

Ma non nei territori della provincia di Bologna e Modena, casi unici dove vige ancora questo strumento, utilizzato dai monaci dell'Abbazia di Nonantola e da una grande donna della storia: Matilde di Canossa.

Matilde di Canossa

E' una figura femminile di grande importanza in un mondo in cui le donne venivano relegate ai margini della vita politica, recluse in ginecei, harem o castelli.
Matilde nasce nel 1046 probabilmente a Mantova, contessa, granduchessa e regina medioevale, a soli 20 anni entra in possesso di vasti territori in Emilia-Romagna, Lombardia, Toscana. 
Risiede a Canossa, sull'Appennino reggiano.

E' una forte sostenitrice del Papato, imparentata con imperatori e Papi, donna di grande cultura; sin da bambina conduce una vita agiata e di studio.
Appartiene alla famiglia più potente d'Europa di quell'epoca, sotto la cui protezione si rifugiano anche diversi Papi.

Matilde è una donna che sa sottoporsi ai doveri per cui è stata allevata, ma possiede anche grandi capacità di comando, amore per il suo popolo e la sua terra.
Fugge dopo un parto difficile (a cui la figlia non sopravvive) da un marito che non la rende felice e da una corte che la osteggia per ritornare dalla madre  a Canossa; nell'inseguirla il marito viene ucciso in un'imboscata.
Matilde a soli 20 anni è vedova, accusata di aver fatto assassinare il marito che non piangerà mai.

Da questo momento e per i 40 anni successivi sarà padrona incontrastata dal Lazio al Lago di Garda.

Emblema della partecipanza collocato su Cà Granda

La tradizione racconta che diverse tornature (antica unità di misura del terreno nella zona emiliana) di terreno furono donate alla popolazione da Matilde di Canossa e dai monaci di Nonantola.
Lo scopo era in realtà di tipo politico, si voleva tenere uniti e sotto controllo i vasti territori posseduti dalla Chiesa e da Matilde, bonificare ed edificare le terre paludose della Bassa.

Molti furono gli abitanti del luogo che prestarono la forza delle loro braccia per bonificare, disboscare e dissodare rubando terra alla palude, famiglie unite nel lavoro, ciascuna traendo il meglio dalla loro parte: nasce la Partecipanza.

I requisiti per appartenere alla Partecipanza agraria consistevano nel pagamento annuale di una piccola quota (spesso simbolica), la residenza continua nel luogo, l'obbligo di migliorare il fondo (ad miliorandum).
I fondi assegnati alle famiglie venivano estratti a sorte a rotazione in periodi variabili (circa 10 anni).
Le famiglie che oggi appartengono alle varie Partecipanze agrarie sono le stesse di 1000 anni fa, alcune si sono estinte siccome l'eredità si trasmette solo agli eredi maschi.
Ad oggi, i Partecipanti sono i discendenti di queste antichissime famiglie.

Il consorzio dei partecipanti non mira solo al bene economico ma vuole conservare la proprietà nel rispetto morale e nel mantenimento di vecchie tradizioni, il patrimonio appartiene esclusivamente all'Ente, i partecipanti ne traggono solo beneficio.

Cà Granda, fior di loto

Un piccolo gioiello si trova nelle vicinanze di casa mia, visitabile con l'immancabile bicicletta: la Casa Fattoriale o Cà granda di San Matteo della Decima.
La casa è sorta nel XVI sec. al limitare delle paludi, per molte generazioni ha rappresentato il punto di riferimento e il simbolo della Partecipanza.
Cà granda conserva la bellezza e l'imponenza di un tempo, con la sua presenza domina i giardini che la circondano.

Attorno alla casa la natura è quella di un tempo:

Bosco igrofilo visto dalla casa

il bosco igrofilo, formato cioè da piante che prediligono le zone umide che un tempo erano costituite dalle palude (gelsi, mori, olmi, noccioli, pioppi, aceri, biancospini, agrifogli, nespoli, piante di alloro)

"Cavone"

lo stagno detto "Cavone" in cui hanno attecchito le piante palustri autoctone come Typhe, canne palustri ecc.. ora frequentato da aviofauna

Bosco planiziale

il bosco planiziale con più di 1500 alberi, ricreato come doveva essere nel Medioevo


Il roseto e il giardino botanico nei pressi della casa padronale e dell'antico oratorio

il macero

Il macero un tempo utilizzato per la macerazione della canapa ora ospita meravigliose ninfee, sullo sfondo il cumulo di pietre che venivano utilizzate nella fase di macerazione della canapa.

Il monumento e il fior di Loto

la zona del Fior di loto che ospita un monumento che vuole omaggiare tutti quelle famiglie che hanno dedicato la loro vita e il loro duro lavoro per la salute e la bellezza di queste terre strappate faticosamente alla palude.

Dimensioni di una foglia di Loto


Dalle antiche donazioni di Matilde, attraverso i secoli, le terre vengono suddivise periodicamente tra le famiglie aventi diritto e iscritte in un apposito registro con una procedura rimasta inalterata nei secoli.


Nella nostra vecchia Pianura, per precisare quanto sia antica una famiglia, basta indicare l'appartenenza alla Partecipanza agraria.....

 

Un sentito ringraziamento a Paola e Davide, grazie a loro ho avuto il permesso di accedere a questo luogo meraviglioso!

sabato 21 settembre 2013

CARYOPTERIS, ARRIVEDERCI ESTATE!

Con la sua esplosiva fioritura, Caryopteris x clandonensis sembra salutare allegramente l'estate.
Siamo all'equinozio d'autunno, il giardino si tinge di colori infuocati e caldi, le foglie attraversano tutti i toni dal giallo sino al rosso più intenso mutando le loro colorazione.


E' proprio in questi giorni che Caryopteris x clandonensis mostra superbamente la sua fioritura tra il fogliame grigio etereo simile ad una fitta nebbia padana.
In un giardino la sua presenza non passa inosservata: il portamento esplosivo dell'arbusto prevale con il suo fogliame aromatico e con i fiori di un viola-blu intenso.

Originario delle pendici delle montagne asiatiche si è perfettamente adattato al clima mediterraneo in cui cresce rigoglioso in terreni umidi e ben drenati, esposto in pieno sole o in mezz'ombra.


Il fogliame argento e lievemente aromatico se accarezzato, crea un contrasto estremamente interessante tra i caldi gialli e rossi dell'Autunno, stagione durante la quale Caryopteris x clandonensis prosegue la sua splendida fioritura.


Anche bombi e farfalle sono attratti da questo meraviglioso arbusto deciduo, i bellissimi cluster di fiori che sembrano galleggiare sul fogliame richiamano numerosi insetti impollinatori.

Caryopteris x clandonensis è un arbusto di medie dimensioni a crescita non eccessivamente rapida che presenta foglie ovate e leggermente seghettate di piccole dimensioni.
La colorazione verde-argento delle foglie con un tono più chiaro nella pagina inferiore dona un aspetto morbido ed etereo all''intero cespuglio.


Alla fine dell'estate la pianta produce cime ascellari su cui spiccano pannocchie di fiori blu-viola molto attraenti sostituite da semi il cui aspetto dà il nome alla pianta (Caryopteris = dado con le ali nella traduzione greca).

La pianta è di semplice manutenzione: irrigare regolarmente il primo anno, poi, una volta attecchita, sopporta bene anche la siccità (evitare il ristagno d'acqua che crea marcescenza radicale).
Non teme il gelo, in primavera necessita di una vigorosa potatura che stimola la produzione di nuovi getti dal terreno su cui poi appariranno i fiori.


Caryopteris x clandonensis è la scelta ideale in macchie o siepi, associata a piante dai colori tenui o in un giardino aromatico dove sprigiona il suo delicato profumo.

mercoledì 18 settembre 2013

OENANTHE, IL SEDANO DEL DIAVOLO

Oenanthe fistulosa è un'acquatica che utilizzo nell'allestimento della zona filtrante di una biopiscina.
Approfondendo lo studio di questa elofita, ho scoperto una notizia molto particolare e alquanto inquietante.

Zona filtrante biopiscina

L'espressione "riso sardonico" è conosciuta nel linguaggio comune da molti secoli, scrittori greci e latini la citano, Omero per primo l'attribuisce ad Ulisse nel libro ventesimo dell'Odissea nell'VII sec. a.C. riferendosi ai Proci.

Cita un testo antico:
"Vicino alle Colonne di Ercole c'è l'Isola di Sardegna dove cresce una pianta simile al sedano: molti dicono che quanti l'assaggiano vengono colpiti da uno spasmo che li fa ridere involontariamente e così muoiono".

Autori dell'altezza di Virgilio e Solino in relazione al riso sardonico parlano di un'erba, che se ingerita, causa il decesso accompagnato da un ghigno sul viso nel momento della morte.

Maschera facciale di Tharros

Secondo i racconti storici di Timeo e Demone (storici greci del III° sec. a.C.) il riso sardonico è collegato ad un rito sacrificale attuato dai popoli nuragici della Sardegna.

Essi sacrificavano i vecchi padri malati e anziani al Dio Kronos (Crono) gettandoli da rupi dopo averli storditi con l'erba sardonica.
L'usanza presso i popoli Nuragici, ma anche Punici e Romani , era rivolta a persone inabili al lavoro, schiavi anziani o prigionieri di guerra.
Questo antico rito, ai nostri occhi inumano, voleva celebrare la morte come inizio di una nuova vita da affrontere col sorriso sulle labbra.
L'erba sardonia viene oggi identificata con  Oenanthe fistulosa (secondo il parere del botanico Ballero) o Oenanthe crocata (secondo il botanico Atzei), quest'ultima specie cresce spontaneamente solo in Sardegna.

Maschera ghignante San Sperate

Le Maschere ghignanti trovate nelle località di Tharros e San Sperate in Sardegna sono una prova tangibile dell'antica origine di questo macabro e antichissimo rito nato nell'età del bronzo e sopravvissuto fino all'epoca romana.
Maschere simili sono state rinvenute a Cartagine e a Mothia (Grecia).
Le tracce presenti ai giorni nostri sono rappresentate da modi di dire dialettali sardi che alludono chiaramente al riso sardonico o dirupi il cui nome è legato a questa pratica (ad esempio Picco del Vecchio).

Oenanthe crocata

Studi approfonditi hanno rivelato con certezza l'identità della pianta del riso sardonico: Oenanthe crocata.
Oenanthe, in greco significa "pianta del vino" di tutta la specie, la più velenosa è O. Crocata.
Essa, se ingerita, provoca intossicazioni mortali accompagnate da sintomi angoscianti come senso di soffocamento, convulsioni, delirio sino alla contrazione dei muscoli facciali che portano il soggetto alla morte con la tipica espressione del riso sardonico.

La neurotossina è presente soprattutto nel rizoma di questa acquatica di sponda, si tratta di un alcaloide mortale chiamato enantotossina. Il problema è confondere la pianta con il sedano selvatico come è accaduto anche in tempi recenti.

Tharros

I condannati, dopo aver assunto questa terribile pozione, venivano spinti da dirupi dove accoglievano la morte con un'orribile mimica sul viso.....

La specie da me adottata nei giardini d'acqua non è certo venefica come O. crocata ma una piccola elofita con grandi proprietà fitodepurative.

Oenanthe fistulosa

Oenanthe fistulosa è compresa nella famiglia delle Apiaceae.
Si tratta di un'erbacea perenne stolonifera che predilige zone acquitrinose o umide le cui piccole foglie pinnate sono simili a quelle del sedano o del prezzemolo.
Il nome fistulosa è dovuto al fusto cavo che se schiacciato emana odore di vino (da qui il nome Oenanthe), il fusto si presenta strisciante o eretto.

Alla fine dell'estate produce infiorescenze ombrelliformi bianche che punteggiano vaste aree di prati umidi o i margini di un laghetto.

La foglia è simile al prezzemolo

La pianta ama zone assolate ma prolifera anche in mezz'ombra, un tempo cresceva spontanea nelle aree umide italiane, oggi allo stato spontaneo, è quasi estinta.


La varietà che utilizzo maggiormente nei margini di un laghetto è Oinanthe fistulosa flamingo dal fogliame variegato avorio, rosa e verde chiaro.
E' altamente ornamentale e, a fine estate, i fiori stellati rendono questa elofita molto interessante.
Pare che le foglie siano commestibili....
Io però non oso assaggiarle......

sabato 14 settembre 2013

UN LAGHETTO PER MORGANA

Morgana è un felino di classe e sicuro di sè, dalle idee chiare e raffinate, nel suo bellissimo giardino manca quel tocco di unicità ed eleganza....


Ne ha parlato con Sandra, la sua umana da compagnia: un laghetto è quello che fa per loro.
Mi mostrano lo spazio da utilizzare, discutiamo dei loro desideri e aspettative, io mi lancio nella nuova avventura!!


Ho a mia disposizione un rettangolo di circa 3,20 m. per 1,80m., dopo aver rimosso le piante esistenti eseguirò uno scavo allo scopo di raggiungere la profondità di mezzo metro. Ho deciso di inserire nel laghetto anche la zona in cemento alla sinistra dell'aiuola, non dovrà esistere soluzione di continuo.



Dopo lo scavo della zona destinata al nuovo laghetto e un'accurata pulizia, è stato steso il tessuto-non tessuto allo scopo di preservare il telo per laghetti da eventuali imperfezioni del terreno.




Una cornice di Ipè, legno adatto ad esterni, rompe la monotonia e la formalità dello spazio a mia disposizione, crea un bordo elegante e ben definito al di sopra del telo per laghetti ed una zona prospettica che colmerò con ghiaia colorata dai toni color muschio.
Un muretto in mattoni sostiene la cornice dove il pavimento è assente.


L'acqua con cui ho riempito una parte del laghetto modellerà il telo.
Il triangolo dopo l'inserimento della ghiaia lascia già immaginare la forma del laghetto.
La zona di cemento è stata (faticosamente) ripulita, all'interno ho posizionato un mastello che conterrà un Fior di Loto, ora è indispensabile raccordare le due parti.


Il mastello è nascosto all'interno di una pavimentazione di Ipè sopraelevata, il gradino che si è creato spezza la struttura regolare di questo laghetto formale.



Il cordolo preesistente è stato coperto da una striscia di rame, una palla di granito aggiunge un elemento fuori dagli schemi rigidi ma estremamente eleganti del laghetto.

Ora è arrivato il momento di inserire le piante acquatiche e i pesci, il risultato direi che ha soddisfatto Sandra e l'esigentissimo gatto Morgana!


Con le acquatiche introdotte da pochi giorni.....

Dopo due mesi...