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lunedì 28 aprile 2014

SILURUS GLANIS, UN MOSTRO D'ACQUA DOLCE

E' noto che i pescatori tendono ad ingigantire le misure del loro pescato, nel caso di Silurus glanis ovvero Pesce siluro non si tratta solo di leggende metropolitane.
Si parla di esemplari pescati alla fine dell'800 di lunghezza superiore a 5 metri e del peso di oltre 500 Kg ma non esistono documentazioni certe, quello che invece è certo che nel Po, nei pressi di Mantova, è stato catturato un esemplare di 2 metri e 30 cm del peso di 113 kg (filmati e foto non smentiscono).
In altre parti d'Europa altri Pesci siluro di taglia abnorme sono stati catturati e fotografati, veri mostri d'acqua dolce.


Silurus glanis è una specie aliena giunta in Italia nel XX sec. per la pesca sportiva e liberata "accidentalmente" nei corsi d'acqua dove si è adattata soppiantando specie autoctone, molti altri paesi Europei hanno subito lo stesso impatto ecologico.
Il luogo d'origine di Siluro è l'Europa orientale e l'Asia occidentale in cui il Siluro vive alla stato naturale nelle parti profonde di fiumi a lento scorrimento, acque lacustri sia ossigenate che melmose, anse di acqua ferma e a volte si spinge fino ai mari Nero, Caspio e Baltico.
Siluro è un pesce molto robusto dalla grande adattabilità capace di sopravvivere in habitat degradati, in carenza di ossigeno e con una longevità che gli assicura dai 20 ai 30 anni di vita (sono stati catturati in natura esemplari di 80 anni).


Si tratta di un pesce fotofobo, il picco massimo di attività si svolge al crepuscolo e nelle ore notturne in cui è possibile vederlo aggirarsi sul fondale a caccia di prede che individua tramite i barbigli tattili.
Nelle giornate in cui il cielo è coperto o se le acque sono fangose e torbide lo si può osservare mentre si aggira solitario, di giorno tende a rimanere immobile sul fondale nascosto dalla vegetazione o in tronchi di alberi sommersi.


Il Siluro è un grande Pesce gatto, il più grande pesce d'acqua dolce d'Europa, caratterizzato da un'ampia testa piatta con occhi piccoli e bocca situata in posizione inferiore piena di piccoli denti.
La mascella inferiore è maggiormente sviluppata rispetto alla superiore, attorno alla bocca sono presenti tre paia di barbigli.
Il corpo robusto privo di squame è ricoperto di muco protettivo e per la maggior parte percorso dalla lunga pinna anale, la dorsale è collocata molto in avanti, piccola e tagliente.
Le affilate pinne pettorali vengono utilizzate per catturare la preda: con un movimento vorticoso delle pinne Siluro disorienta la preda che poi inghiotte.

La colorazione principale è nera-bluastra con sfumature chiare verso l'addome ma può variare a seconda dell'ambiente in cui vive, a volte assume tonalità oliva.



Silurus glanis è una specie molto fertile, la femmina depone numerosissime uova tra le alghe o tra la vegetazione caduta dalla superficie e il maschio, dopo averle fecondate, custodisce e si prende cura del nido fino alla schiusa delle uova che avviene dopo 3-4 giorni.
Alla nascita gli avannotti si cibano di plancton ed invertebrati che rilevano dal fondale, in un anno di vita i piccoli Siluri crescono rapidamente e si trasformano in voraci predatori onnivori ma soprattutto ittiofagi.

I Siluri sono grandi predatori che hanno scatenato vere e proprie leggende, si racconta di esemplari mostruosi che si comportano come coccodrilli trascinando dalle rive anche bovini ed esseri umani, attacchi a sommozzatori e animali di grossa taglia.
In realtà i Siluri si nutrono principalmente di pesci e si avvicinano alla riva per predare anfibi, uccelli acquatici e ratti a seconda delle loro dimensioni.
Possono anche cibarsi di vermi, larve e insetti.


Silus glanis in Italia è una specie alloctona che ha creato serie problematiche.
Nel bacino del Po dagli anni '70 del secolo scorso si è stabilita una popolazione acclimatata che si è diffusa in tutto il Centro-Nord Italia e che ha provocato una seria predazione delle specie autoctone.
L'immissione negli ambienti di specie non autoctone come il Siluro causa la diffusione di parassiti non tollerati dalla nostra fauna, inoltre vista la taglia, i danni causati ad una popolazione ittica di dimensioni minori è un dato accertato in particolar modo nei fiumi dell'Europa meridionale.
L'abitudine di Siluro di appostarsi presso le sponde dei fiumi e movimentare con le pinne pettorali il fondo si è rivelato dannoso per la stabilità degli argini.


Dal punto di vista commerciale Silurus glanis, in Italia non è un pesce molto richiesto nel settore alimentare come nell'Est Europa, da poco nelle zone del Po alcuni ristoranti iniziano a proporlo nei menù, le carni sono simili a quelle del Pesce gatto.
A volte sulle bancarelle dei mercati viene spacciato per Storione, pesce di qualità nettamente superiore.

E' chiaro che Siluro non è un pesce che consiglio di inserire in un laghetto di piccole dimensioni, soprattutto per la forte voracità rispetto agli altri abitanti dello specchio acquatico di cui può distruggere le sponde.

domenica 27 aprile 2014

ACQUATICHE IN CUCINA

Nella cultura orientale e negli usi dei nativi americani le piante acquatiche non vengono utilizzate esclusivamente a scopo ornamentale nei giardini d'acqua, ma vengono sfruttate anche a scopo medicinale e alimentare.

Nelumbo nucifera, radici e piatto orientale

Il Fior di Loto (Nelumbo nucifera) è commestibile in tutte le sue parti: semi, rizoma e foglie, di Biancospino d'acqua (Aponogeton distachyos) si cucinano fiori e germogli per preparare un ottimo stufato di montone o agnello, la Castagna d'acqua (Trapa natans) grazie alla quantità di amido dei suoi frutti ha sfamato molte persone in passato.

Typha

Il genere Typha raccoglie diverse specie dall'alto valore nutritivo: i rizomi hanno un sapore piacevole ed un alto contenuto nutritivo per la ricchezza di amidi e fibre raccolti in Primavera o Autunno; i teneri germogli primaverili possono essere consumati crudi o cotti, il polline dei fiori maschili maturi può sostituire la farina.

Riso selvatico

Le piante acquatiche sono in larga parte commestibili, tra le più importanti troviamo la Zizania (Riso selvatico) un cereale delle Poaceae che cresce in ambienti umidi a clima freddo o temperato di Nord America e Cina dalle caratteristiche simili a quelle del Riso e rappresenta un'importante fonte di carboidrati.
Ipomea acquatica (Spinacio d'acqua) viene coltivata come ortaggio a foglia in regioni tropicali e subtropicali di tutto il mondo, molto consumata in Oriente.

Mentha aquatica

Anche sulle sponde dei nei nostri corsi d'acqua a lento scorrimento si possono trovare idrofite od elofite da utilizzare comunemente in cucina, magari per arricchire una comune insalata, insaporire qualche piatto o preparare una tisana.
Comunemente queste acquatiche vengono denominate "crescioni d'acqua", si tratta di 4 tipi di piante utili per predisporre una misticanza cioè una mescolanza di erbe dal fresco profumo primaverile.

Nasturtium officinalis

Nasturtium officinalis dal gradevole sapore leggermente piccante, la dolce e profumata Mentha aquatica (di entrambe ho parlato in un precedente post),
Veronica beccabunga, tenera e dolciastra e infine Anagallis aquatica, simile a Veronica ma molto più croccante, si prestano per ottime fresche insalate da condire con olio e succo di limone.

Veronica beccabunga

Veronica beccabunga è un'erbacea perenne acquatica glabra molto rustica dalle foglie carnose color verde scuro.
Vive sulle sponde assolate di laghetti e sulle rive di fossi, negli acquitrini, luoghi umidi, sorgenti e risorgive dove raggiunge un'altezza che va da 10 a 60 cm con andamento strisciante.
E' molto diffusa in tutta la Penisola dove adotta nomi diversi a seconda della zona.

Veronica beccabunga viene chiamata "Erba grassa" per i fusti e le foglie carnose che si collocano sui fusti ramificati e prostrati in modo alterno, presentano lamina ovata e arrotondata alla sommità, il margine fogliare è lievemente seghettato.
Da Aprile a Settembre su lunghi peduncoli appaiono i fiori raccolti in racemi composti da 10-20 fiori azzurri con 4 petali bianchi alla base.
La forma del fiore dalle antere sporgenti dà il nome alla pianta: ricorda il panno con il quale Veronica asciugò il volto di Cristo mentre portava la croce chiamato (Veronicon = vera icona), il fiore secondo vecchie tradizioni si identifica con il  volto di Cristo.
Beccabunga invece è la storpiatura del termine tedesco "bach", ruscello e "bunge" tubero ovvero "tuberosa del ruscello".

Veronica beccabunga

Veronica beccabunga è un'elofita tappezzante di facile coltivazione adatta a mascherare i bordi inestetici di laghetti e stagni che sopporta basse temperature senza problemi.

A Primavera le foglioline carnose ricche di vitamina C si utilizzano nelle insalate o per aromatizzare salse alle quali donano un sapore decisamente piccante.
Le proprietà benefiche di Veronica sono diverse: espettoranti, antispasmodiche, digestive, aperitive e diuretiche sottoforma di tisana.

Anagallis aquatica

Anagallis aquatica o Veronica anagallis aquatica presenta caratteristiche simili a V. beccabunga, lo stelo di questa pianta però ha portamento eretto e le foglie maggiormente allungate raggruppate a ciuffo.
Maturando gli steli diventano cavi.
L'utilizzo di Anagallis aquatica in cucina è lo stesso di Veronica.

Anagallis

Un fresco piatto estivo? Scaglie di Parmigiano, tenere foglioline di Veronica beccabunga, Anagallis, Mentha aquatica e Nasturtium officinalis....

mercoledì 23 aprile 2014

LOTUS BERTHELOTII, UN INCENDIO DI COLORI

La mia collezione di piante è stata arricchita da un nuovo ingresso: Lotus berthelotii, un'erbacea perenne dall'aspetto insolito e vivace.
Forse mi ha attratto l'appellativo "Lotus" (che non ha nulla a che vedere con la meravigliosa pianta acquatica!) o probabilmente il contrasto evidente ed aggressivo tra il colore argentato del fogliame e il rosso-arancio fiammante dei fiori simili a becchi di pappagallo.


Lotus bethelotii è una Fabacea (come la pianta del pisello, i fiori infatti mostrano una certa somiglianza) originaria delle Isole Canarie e Capo Verde dove allo stato naturale è praticamente estinta.
Già alla fine del XIX secolo Lotus b. era stato dichiarato in grave stato di conservazione ed "estremamente raro", i collezionisti ansiosi di accaparrarsi gli ultimi esemplari hanno causato una delle tante perdite di biodiversità.


Il fogliame di Lotus berthelotii è molto attraente e costituito da foglie blu-argentate aghiformi e coperte da una fitta peluria distribuite in modo spiraliforme sugli steli che hanno andamento strisciante (3-7 foglioline a spirale).
Il fiore è un'opera di design e appare al termine del ramo come un piccolo grappolo di falci simili ad artigli dal colore cremisi o arancio sfumato di giallo.

Sul fogliame grigio-blu i fiori spuntano come fiammate incendiarie di colore, vivaci e intriganti, una vera attrattiva in un giardino roccioso, come copertura del terreno o di un vecchio muro.


Lotus berthelotii necessita di una zona luminosa sia in pieno sole che mezz'ombra, l'ombra totale può compromettere la fioritura.

Utilizzare terriccio morbido e ben drenato a cui unire lapillo o sabbia per favorire umidità e drenaggio.
Concimare all'inizio della Primavera con fertilizzante granulare a lento rilascio ed irrigare solo quando il terreno si è asciugato dalla precedente irrigazione.
La pianta teme il ristagno idrico.


Lotus berthelotii nei climi molto freddi si comporta da annuale, lo si può utilizzare come ricadente in panieri appesi da ritirare prima dell'Inverno e ricoverare in serra fredda.
Nelle fasce mediterranee supera senza problemi la stagione invernale, a volte perde la parte aerea ma all'inizio della Primavera vegeta molto velocemente, da Marzo all'inizio dell'Autunno appaiono i fiori con una possibile riposo vegetativo se la temperatura è eccessivamente elevata.


La manutenzione è scarsa: rimozione dei rametti secchi per favorire la propagazione della pianta, irrigazioni solo quando il terreno è ben asciutto (Lotus non teme la siccità), concimazioni con fertilizzante liquido ogni 15 giorni durante il periodo di fioritura o con concime granulare a lento rilascio 2 volte all'anno.

martedì 22 aprile 2014

ORTO-GIARDINO, UN'INVENZIONE VECCHIA DI SECOLI

Creare un orto in questi tempi così difficili sta diventando un obiettivo di molti, sia per necessità che per poter consumare verdure fresche.
Gli orti sociali sono oggetto di attenzione per il loro potere terapeutico, come momento di aggregazione, per favorire l'attività fisica nelle persone non più tanto giovani, ma anche per avvicinare alla natura bambini e ragazzi.

Lasciarsi coinvolgere nel ciclo di crescita di un ortaggio, un frutto, un fiore, aiuta ad imparare a prendersi cura di un altro essere e apprezzarne il ciclo vitale, godere dei colori e degli odori, una vera terapia contro la solitudine.
Ortaggi o fiori?
Certamente entrambi.


Unire ortaggi, frutti e fiori nella stessa area non è come può sembrare un'esigenza di spazio, ma un modo armonioso di organizzare la natura, un'arte da sviluppare nel proprio spazio verde proprio come facevano gli antichi Romani, i monaci all'interno dell'Hortus conclusus, nei masi di montagna in Trentino.

Lavanda dentata

Hortus è il termine latino da cui deriva il nostro vocabolo "orto", poteva designare un appezzamento di terreno coltivato per soddisfare le esigenze famigliari o anche indicare gli splendidi giardini di una villa patrizia.
L'hortus coincideva anche con un frutteto o un vigneto sfruttati commercialmente, ma è nel giardino padronale privato che il termine hortus si arricchisce di significati.


I Romani progettavano i loro giardini con alto senso artistico, attenendosi a canoni estetici ben precisi in cui elementi naturali venivano uniti a creazioni dell'uomo come statue, colonne, fontane, giochi d'acqua, vasi ricolmi di fiori.
Plinio il vecchio ci parla già di arte topiaria (opus topiarium) cioè un modo di potare le piante per renderle simili ad oggetti o animali.

A Roma le piante più utilizzate per l'opus topiarium erano bosso, cipresso e quercia, questa tecnica era cosi avanzata da rappresentare intere battaglie navali, scene di caccia, simulacri di dei.
Accanto agli alberi detti "silvestri" (faggio, leccio, pino, abete, castagno ecc..) si accostavano alberi da frutta anche di tipo esotico per poter godere della loro ombra ma anche dei frutti, edera o vite spesso coltivata tra gli alberi li univa come una ghirlanda o un festone.


I Romani amavano i contrasti: ad aiuole geometriche venivano accostate macchie di piante spontanee, all'interno di recinti ben delineati di mirto, rosmarino o alloro si collocavano gruppi di alberi da frutto e per dare un aspetto suggestivo a grotte e ninfei utilizzavano il capelvenere (Adiantus capillus-veneris), felce legata alle ninfe delle acque.

Nell'orto-giardino dei Romani non mancavano gli ulivi e la vite, i fiori conosciuti non erano molti: i più diffusi erano le rose, per ornare le edicole degli dei, i gigli sacri a Giunone, la viola per i culti funebri, narcisi e garofani con cui si ornavano gli interni delle case.

Calendula officinalis

La perfezione dell'orto-giardino si raggiunge nel Medioevo nella segretezza dell'hortus conclusus, dove ortaggi, fiori e piante officinali crescevano nelle aiuole geometriche al segreto di alte mura.

Jardin-potager Chateau Villandry

Anche la fastosa Versailles possedeva un jardin-potager orgoglio di Luigi XIV, un mirabile orto-giardino realizzato con perfette forme geometriche che si intersecavano tra loro.
Alberi da frutto potati estrosamente, ortaggi, agrumi, archi di rose si intrecciavano armoniosamente tra loro in disegni perfetti, arricchendo anche le tavole della Reggia e colmando di fiori i preziosi vasi .

Anche le nostre nonne nei cortili di paese o in campagna allestivano orti- giardino in cui attingere le verdure da mettere sulla tavola e raccogliere fiori spesso da portare sulle tombe dei loro cari....
I fiori sono quelli che coltivava mia madre nel nostro orto-giardino: gigli, astri, rose, garofani, zinnie, dalie accanto a fagiolini, insalate, pomodori, cardi, fragole.
Ma allora perchè sbalordirsi alla notizia che Michelle Obama coltivi un orto nel giardino della Casa Bianca?


L'orto-giardino sta rivivendo un momento di notevole successo, una soluzione interessante per sposare la bellezza dei fiori all'utilità della coltivazione di ortaggi freschi a chilometro zero.
Per creare un orto-giardino non occorre essere grandi progettisti, basta combinare la fantasia ad una struttura armoniosa ed equilibrata magari puntando sulla simmetria di forme geometriche ben precise come i classici rettangoli o quadrati percorsi da vialetti regolari oppure combinando in maniera fantasiosa triangoli e cerchi.

Schemi per orto-giardino

Per chi preferisce le forme "morbide" suggerisco settori circolari concentrici percorsi da vialetti disponendo al centro gli ortaggi e i fiori più alti e man mano diminuendo le altezze nei settori esterni.

Borraggine, menta e lavanda convivono in armonia

Alla bellezza occorre unire la praticità: i sentieri devono avere di comodo accesso con una larghezza minima di 40 cm. (60 cm. se saranno percorsi con una carriola) e delineati da cordoli.
Il materiale prescelto per pavimentarli e definire le aiuole dovrà essere scelto in sintonia con l'abitazione e l'ambiente circostante (listelli di legno trattato, vecchi mattoni, lastre naturali o in pietra ricostruita).

Per rendere naturale l'insieme creare archi o sostegni con rami di nocciolo, salice o castagno su cui potranno arrampicarsi piselli o rose, clematis o pomodori datterini, nasturzi o ipomee....


I confini possono anche essere sottolineati da basse siepi di bosso o da aromatiche miste e profumate da accostare con l'accorgimento di contrastare i colori: erba cipollina, santolina, salvia ananas o salvia limone, basilico rosso,
una striscia di fragole da gustare....

Salvia ananas

Fragole in fiore

Sono tanti gli ortaggi dalle forme e dai colori ornamentali che uniscono alla bellezza il sapore genuino, accanto a fiori che ne valorizzano le caratteristiche sapranno dare vita ad un bellissimo orto-giardino.
Allora via con le melanzane rotonde bianche sfumate di rosa, insalate ricce variegate, peperoncini rossi, gialli arancio o viola (il colore varia con il grado di maturazione), zucchine gialle o cavoli viola, pomodori screziati di giallo o biete dai gambi colorati!

Erba cipollina, utile in cucina ed ornamentale

Un fattore molto importante nella scelta dei vegetali è il rispetto delle loro esigenze: esposizione, tipo di terreno, spazi per la crescita, cicli di rotazione.
Per quanto riguarda i fiori, che non possono assolutamente mancare preferire quelli che sviluppano un apparato radicale superficiale per non interferire con la crescita degli ortaggi o che con il loro odore allontano i parassiti degli ortaggi come calendule e tagete.

Tagete bordano un'aiuola di ortaggi

La carenza di spazio o la mancanza di un giardino non devono scoraggiare: si può progettare un orto-giardino a ripiani utilizzando cassoni di legno posti a diversi livelli, schermare il terrazzo con tralicci su cui far intrecciare rose e piselli.
Le infinite combinazioni faranno scatenare la fantasia!






domenica 20 aprile 2014

BUONA PASQUA



ELODEA CANADENSIS, OSSIGENARE IN PROFONDITA'

L'esigenza principale in un laghetto ornamentale di qualunque tipologia e dimensione, è quella di ottenere la limpidezza dell'acqua nel più breve tempo possibile.
In uno specchio acquatico di nuova costruzione occorrono almeno quattro settimane (il tempo dipende anche dalle condizioni atmosferiche) prima di instaurare un buon equilibrio biologico tra flora e fauna acquatica.


Un ottimo ausilio per accelerare i tempi ed ottenere la limpidezza dell'acqua è immettere nel giardino d'acqua Elodea canadensis, una vigorosa erbacea perenne sommersa dalle grandi proprietà ossigenanti.
Si tratta di un'Hydrocharitacea (come Hydrocharis Morsus ranae o Limnobium) nativa di fiumi e acque tranquille dell'America del Nord dove vegeta interamente sommersa ad eccezione dei piccoli fiori galleggianti.


La si potrebbe confondere con un'alga, Elodea canadensis in realtà è una pianta acquatica erbacea che ancora le radici nel fango del fondale e rimane elegantemente in posizione verticale. Si comporta anche da natante se si frammenta, si sviluppa facilmente sia in acque profonde che basse.


Elodea canadensis è costituita da fusti sottili multiramificati disposti in spirale e ricoperti da sottili foglioline carnose ovate sottili come lance formate da tre verticilli color verde scuro un po' pendenti, la massa si aggroviglia in lunghe ramificazioni che emettono radici avventizie liberamente fluttuanti con la capacità di ancorarsi a loro volta al fondale.


Da sottili fusti spuntano in Estate piccoli fiori galleggianti cerosi bianchi a tre petali, anche se la pianta è dioica i fiori non sono indispensabili per la riproduzione che avviene maggiormente per frammentazione.


Elodea canadensis ama il sole e la luce parziale, non cresce bene in fondali troppo bui.
La temperatura ideale dell'acqua va dai 10 ai 25° C., nei luoghi a clima mite persiste lo stato vegetativo.
In fasce climatiche molto fredde sverna sul fondale sottoforma di gemma dormiente (turione) che produrrà nuove piante in Primavera.

Si tratta di un'idrofita sommersa capace di assorbire rapidamente le sostanze nutritive disciolte nell'acqua chiarificandola e ossigenandola, la crescita è inarrestabile e avviene continuamente in maniera infestante.


Elodea canadensis riveste un ruolo molto importante negli ecosistemi acquatici lacustri, ospita diversi invertebrati, piccoli pesci, larve di insetti e lumache.
E' una pianta molto robusta che non può mancare in un laghetto per la notevole capacità ossigenante e il conseguente controllo della crescita di alghe unicellulari infestanti.
A Primavera si getta in acqua in piccoli mazzetti, se dovesse proliferare esageratamente basta rimuoverla dal laghetto.

giovedì 17 aprile 2014

FRITILLARIA IMPERIALIS, UN BULBO REGALE

Se si desidera una bulbosa particolare, insolita, raffinata e di grande pregio consiglio Fritillaria imperialis, una Liliacea originaria della zona che va dall'Europa del centro-sud sino all'Asia.
Delle 80 varietà conosciute non tutte sono di semplice coltivazione, gli amatori e gli esperti collezionisti ne curano diverse selezioni dai colori sorprendenti, da curiosa ho tentato con molto successo la coltivazione di Fritillaria imperialis Maxima lutea.

Fritillaria imperialis "maxima lutea"

Pare che il particolare odore del bulbo respinga i roditori, per questo Fritillaria veniva spesso coltivata nel XVI- XVII secolo a ridosso delle abitazioni forse senza tenere troppo in considerazione la bellezza stupefacente dell'erbacea.
Molto apprezzata nei "Giardini segreti" del '600 di tutta Europa, è una bulbosa ancora poco utilizzata e scarsamente conosciuta.

Bulbo

Il bulbo un po' insolito (con un foro al centro) deve essere interrato in Autunno ad una profondità pari a 3-4 volte il suo diametro in un terreno morbido di qualunque tipo ben drenato.
Posizionare il bulbo sul fianco per evitare ristagni d'acqua all'interno della depressione centrale, ciò scongiurerà marciume.
Verificare all'acquisto che il bulbo sia turgido e con qualche radice (il cattivo odore è normale!), spesso lo si trova all'interno di trucioli.
Dopo averlo interrato le piogge saranno sufficienti fino alla Primavera.

Appena spuntata...

Preferire un'esposizione al sole o mezz'ombra e una posizione bene in vista, dove la fioritura di Fritillaria imperialis sorprenderà chiunque, sia come pianta solitaria che in gruppi in numero dispari.
Ad Aprile- Maggio rapidamente comparirà un fusto molto robusto alto anche 90 cm. supportato da ciuffi di lucide e lunghe foglie lanceolate verdi molto decorative.


All'apice dello stelo appare una meravigliosa corona di grandi campanelle gialle (Maxima lutea) o rosse (Rubra Maxima) passando dall'arancio tenue o brillante, rivolte verso il basso e sormontate da un ciuffo di brattee simili a foglie.

L'effetto finale è veramente inconsueto, mia figlia, con la praticità che solo gli adolescenti possono avere, mi ha chiesto perchè ho piantato un fiore al contrario.
La "corona dell'imperatore" è comparsa in pochi giorni, si è velocemente sviluppata dando vita ad una fioritura molto luminosa così particolare da far sfigurare i tulipani che l'attorniavano come umili sudditi.
L'intera erbacea sembra quasi un antico lampadario anni 30, un po' Liberty, di quelli che ancora si trovano esposti a Murano.


Fritillaria imperialis è adatta a capienti contenitori in cui il terriccio andrà sostituito annualmente.
Come tutte le bulbose, occorre attendere l'essiccazione del fogliame prima di recidere la parte erbacea che va protetta dalle lumache.
Il bulbo può rimanere in situ per il meritato riposo, non teme le gelate, non occorre annaffiare durante la stagione calda (in natura Fritillaria cresce in zone secche d'Estate e innevate in Inverno).

Vista dal basso

Le cultivar sono moltissime, dalle forme e colori appariscenti, anche con fogliame striato.
Sono erbacee molto affascinanti, degne di un giardino da ...Imperatore...


mercoledì 16 aprile 2014

ALLEVARE PESCI NELL'ANTICA ROMA

"(...) il lusso dei ricchi arrivò a chiuder il mare e a imprigionare lo stesso Nettuno"
Lucio Giugno Moderato Columella, " De Re Rustica" VII,16


Ai tempi della Roma imperiale, mangiare pesce e molluschi freschi non era certo appannaggio di tutti.
Sulle bancarelle dei mercati della Roma di duemila anni fa non era semplice trovare pesce particolarmente fresco, difficilmente il popolo poteva trovarsi nel piatto un alimento così pieno di proprietà nutritive e povero di grassi.

Tradizionalmente la Roma del III- IV millennio a.C. non era una città con grandi consuetudini marinare, si poteva ricorrere al pesce d'acqua dolce del Tevere o a quello maleodorante delle bancarelle venduto da pescatori che tentavano di mantenere umido il loro pescato ricoprendolo con alghe bagnate.


Poche e piccole erano le imbarcazioni da pesca, lunghi i tempi di trasporto fino ai mercati cittadini, spesso si finiva per importare pesce essiccato dalle aree attorno a Gibilterra, quantità insufficienti per coprire il fabbisogno della popolazione.

Con l'espandersi dell'egemonia romana in tutto il mondo allora conosciuto, le abitudini e le esigenze dei cittadini cambiano, dopo la conquista di Cartagine Roma diviene potenza marittima, superando perfino Greci e Fenici .

Con l'allargarsi dei confini geografici i gusti alimentari si raffinano: i ricchi iniziano ad apprezzare e distinguere le qualità del pesce di mare lasciando al popolo quello di acqua dolce.
Per le classi abbienti consumare pesce di mare di alta qualità è una forma per esibire l'elevato stato sociale, uno status symbol da mostrare ai propri invitati.


Il problema maggiore è l'alta deperibilità dell'alimento che associa la freschezza a costi elevatissimi.
Si ricorre all'essiccazione in Oriente, salagione nel bacino del Mediterraneo e nel Nord Europa ma la continua richiesta di pesce finisce per dilapidare il patrimonio ittico naturale.

Vivarium circolare, Sperlonga, Villa di Tiberio

Nascono così nella Roma imperiale del I secolo le prime forme di piscicoltura, già in uso presso Egizi e Fenici. In Cina era invece già praticato l'allevamento della carpa a livello "industriale".

Tra i pesci più ambiti troviamo orate, sogliole, triglie, murene, anguille, cefali, scampi, seppie, polpi, molluschi tra cui le ostriche.
Molto apprezzato all'epoca per la prelibatezza delle carni è lo Sparisoma cretense (Pesce pappagallo del Mediterraneo), un fatto curioso narrato da Plinio il vecchio (scrittore latino, I sec. d.C.) è il ripopolamento delle coste campane per mezzo di apposite navi attrezzate con piscine che trasportavano il pesce richiesto.

Vivaria antistanti la Villa di Tiberio

Allevare pesci e molluschi presso le ville sulle coste diventa una moda sfrenata a cui i patrizi non possono rinunciare, non solo passatempi od ostentazioni di ricchezza ma anche fonti di guadagno.
In epoca repubblicana si utilizzano i laghi naturali come il Velino, Cimino, Bolsena per allevare pregiati pesci d'acqua dolce, poi nell'età imperiale tutto questo non basta più: si arriva ad imprigionare braccia di mare per creare stagni e piscine (vivarium) in cui si pratica la piscicoltura.

Nettuno, resti dell'antica peschiera

Le spese di impianto e mantenimento dei vivaria marittimi sono faraonici, racconta Varrone (letterato del II- I sec. a.C.) di un tale Lucio Lucullo che aveva fatto perforare un monte per consentire un ricambio continuo di acqua marina in entrata ed uscita nel suo allevamento.
Manie di grandezza ed esagerazioni avevano dato vita a costruzioni di dighe sotterranee e canali comunicanti col mare affinchè le maree favorissero un ricambio giornaliero dell'acqua.

I vivaria erano studiati accuratamente, vasche corridoi e paratie in piombo con grate manovrate dall'alto assicuravano un continuo ricambio dell'acqua ed impedivano la fuga dei pesci, come in un grande acquario venivano collocati piccoli scogli e alghe, creati anfratti e inserite anfore ad uso di tane per i pesci affinché l'ambiente fosse il più naturale possibile.

Paratia in piombo con fori per il ricambio dell'acqua

Nel tempo le strutture adibite alla piscicoltura situate sulla costa laziale e campana diventano di alto livello ingegneristico con percorsi obbligati per i pesci che vengono allevati intensivamente, la costruzione delle piscinae accresce il valore e l'importanza degli edifici principali attigui.

Columella (scrittore romano di agricoltura I sec.d.C.) nel suo trattato "De re rustica" dedica all'acquacoltura gli scritti "De piscium cura" e"De positione piscinae" in cui illustra con dovizia di particolari la miglior costruzione dei vivaria.

Columella consiglia:
"Riteniamo ottimo uno stagno posizionato in maniera tale che l'onda che entra allontani la precedente e non le permetta di rimanere all'interno del bacino. Infatti, una vasca siffatta è assai simile al mare aperto, che agitato assiduamente dai venti, si rinnova e non può riscaldarsi, poiché l'onda fredda risale dal fondo alla superficie. Tale vasca, dunque, viene scavata nella roccia, peraltro assai rara, o costruita sulla costa con calcina di Signa".

Suddivisione in vasche

Sono stati rinvenuti trattati che spiegano come costruire i vivaria dividendoli in comparti, quali materiali utilizzare e dove rinvenire le migliori qualità, gli accorgimenti idraulici per mantenere l'acqua sempre pulita e in movimento.

Murenario, Ponza

Uno dei primi allevamenti ittici nella storia di Roma si trova a Ponza, è un murenario, le murene infatti erano allevate con cura e ben nutrite sia perchè molto apprezzate dagli imperatori che per la loro grande adattabilità.
Esistevano apposite piscine in cui si ricreavano gli ambienti naturali idonei alle murene, si allevavano appositamente pesci per sfamarle.
Pare che la bellezza, la pericolosità e la voracità delle murene attraesse notevolmente gli antichi Romani  che ne amavano molto le prelibate carni.
Storie tutte da dimostrare raccontano di allevatori che utilizzavano schiavi ribelli per nutrire le fameliche murene, altri ancora le amavano come animali da compagnia fino ad ornarle con orecchini posti sulle branchie.


Nell'allevamento dei mitili al primo posto troviamo le ostriche, le Ostriaria erano costruite con reticoli di palafitte di legno a cui erano sospese corde in cui venivano inseriti i mitili da allevare.


Lungo il litorale tirrenico, tra Toscana e Campania, si trovano ancora resti di numerosi vivaria semiemersi che, anche se con caratteristiche diverse, presentano numerosi elementi comuni: pianta quadrangolare, scavati nella roccia o costruiti in muratura, moli frangiflutti ad arco che avevano lo scopo di smorzare l'impeto delle onde.

I vivaria erano costituiti da numerose vasche distinte tutte collegate ad una vasca centrale adibita alla pesca del pesce, nelle vasche periferiche si collocava il pesce da allevare, suddiviso per categoria.
I fondali venivano mantenuti il più possibile allo stato naturale, dove erano carenti si creavano anfratti, le profondità scarse venivano aumentate mediante scavi.



Il personale che gestiva i vivaria si muoveva tra una vasca e l'altra mendiante ponteggi o piccole imbarcazioni.

Vasche per la preparazione del garum

Le interiora e i pesci meno pregiati non si gettavano: servivano per la preparazione dl famoso garum, la maleodorante salsa di cui i romani andavano pazzi!

I vivaria antichi di duemila anni sono ancora sulle coste accanto ai resti delle loro ville, silenziosi testimoni della grandezza dei nostri avi.