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domenica 24 gennaio 2016

LA SIGNORA DELLE CAMELIE, STORIA DI UN FIORE SENZA TEMPO

A Gennaio le Camelie sono pronte per regalare le loro delicate fioriture con una gamma incredibile di colorazioni, dal bianco etereo al rosso più sfacciato e sensuale, passando per il rosa più affascinante unico simbolo di femminilità...

Le Camelie da fiore (Varietà Japonica) sono le signore dei giardini, eroine belle e dannate come quelle dei romanzi dell'800, a loro è sempre riservato un posto speciale in giardino!


Nel romanzo di Dumas, "La signora delle Camelie", la protagonista Margherita, una bella e colta cortigiana parigina, nelle sue apparizioni in pubblico, usava appuntarsi al petto una Camelia bianca per venticinque giorni al mese e una rossa i cinque giorni successivi.
La Camelia bianca, con cui Margherita indicava la disponibilità per i clienti, è diventata così simbolo di sensualità femminile e della bellezza destinata però a svanire in breve tempo.

Camelia è musa ispiratrice nell'opera di Verdi "Traviata" in cui viene ripresa la storia di Margherita dal personaggio di Violetta, dalla personalità ben più modesta con un destino segnato dalla tisi.

Il fascino sottile del fiore di Camelia è il simbolo protagonista della rivoluzionaria Maison parigina di Coco Chanel, emblema senza tempo di un gusto provocante e proibito.



In Oriente la Camelia è uno tra i fiori più amati, il nome originale è "Tsubaki" e la sua fioritura annuncia l'arrivo della Primavera.
Simbolo di immortalità, la pianta che vive oltre cento anni, per la sua longevità viene collocata nei giardini dei templi buddisti.
In Cina è considerata icona di perfezione, sinonimo di amore indissolubile e devozione eterna perché petali e calice avvizziscono insolitamente insieme, invece di appassire petalo dopo petalo, come amanti uniti per l'eternità...


La forma della corolla è sinonimo di elevata raffinatezza e compimento assoluto, in alcuni esemplari la perfetta disposizione dei petali ha una tale precisione matematica da seguire la serie di Fibonacci.

In Europa la pianta di Camelia (nome scientifico Camellia) viene menzionata e descritta nel XXVII° secolo da un tedesco appassionato cultore di piante orientali e segnalata alla Royal Society all'inizio del 1700, in particolar modo la cinese Camelia sinensis le cui foglie si utilizzano per preparar il tè verde.


Non si sa perché, ma quando gli inglesi chiesero ai cinesi l'invio di piante per la preparazione dell'amato infuso, questi gli rifilassero arbusti di Camelia da fiore non adatti alla preparazione del tè favorendo così la diffusione della pianta in tutta Europa.
Ai tempi di Giuseppina, moglie di Napoleone I°, la Malmaison traboccava di bellissime fioriture di Camelia, per l'alta società dell'800 appuntarsi un bocciolo sugli abiti era sinonimo di grande raffinatezza e ricercata eleganza.

in Italia fu il parco della Reggia di Caserta ad ospitare per primo la coltivazione della pianta su richiesta della regina Maria Carolina d'Asburgo Lorena per arricchire di piante esotiche il suo adorato giardino all'inglese (1786).
Dapprima Camelia fu coltivata come pianta da serra tentando l'acclimatamento (fallimentare) al coperto, in seguito si capì la grande rusticità dell'arbusto che è in grado di sopravvivere anche in climi difficili.

Vecchio esemplare a Villa Taranto, Lago Maggiore

Sul lago Maggiore la coltivazione di Camelia ha trovato terreno fertile e clima perfetto, a Villa Taranto le bellissime fioriture delle enormi piante di Camelia sono motivo di orgoglio e di grande attrazione turistica.

A Velletri, Roma, le Camelie prosperano nel terreno vulcanico che permette una fioritura variegata e ricca di colori e la crescita longeva di numerosi esemplari.
Velletri è, a tutti gli effetti, "Città delle Camelie".

CAMELIA E MEDICINA

Camelia è una Theacea, il suo primo uso, dal punto di vista erboristico, è legato al rito del tè.
Il tè verde, bevuto caldo o freddo, oltre ad essere una bevanda dal gusto gradevole, è ricco di sostanze antiossidanti in grado di proteggere l'organismo da malattie degenerative del sistema nervoso centrale, aiuta ad eliminare liquidi e grassi per l'azione drenante e tonificante.


Gli estratti di tè verde agiscono anche a livello dell'epidermide: leniscono dermatiti, rallentano l'invecchiamento cutaneo, rigenerano i tessuti danneggiati da callosità, verruche e porri. 
I principi attivi estratti dall'intera pianta si sono rivelati un'ottima cura per micosi cutanee, parassitosi e coliti.

Alcune varietà di Camelia da tempo vengono utilizzate nella medicina tradizionale cinese per la cura dell'asma, per combattere le patologie cardiache e le infezioni (le prime notizie risalgono al 1600 a.C.).

Germogli e foglie di Camelia sinensis vennero impiegati oltre 3000 anni fa per preparare una bevanda tonificante denominata "tè", ancora oggi le diverse raccolte e lavorazioni danno vita a differenti tipologie di tè: bianco, nero, verde, oolong.
Tè kukicta

Dall'essiccazione di rametti di tre anni e foglie di Camelia sinensis si ricava il tè Kukicta, il gusto unico privo di teina fa di questa bevanda un tè insolito dal sapore gradevole con effetto depurativo, diuretico e dimagrante.

In passato dai semi si ricavava un olio per le lampade adatto anche alla cura dei capelli.

PRENDERSI CURA DI CAMELIA

La delicata bellezza di questo fiore etereo non deve trarre in inganno: in realtà Camelia è un arbusto più rustico di quanto si creda.

Le Camelie sono piante acidofile molto adattabili alle variazioni di Ph, in commercio si trovano terricci per acidofile già pronti ma per esperienza personale non sempre si ottengono grosse prestazioni.
Il terreno adatto per la coltivazione di Camelia deve avere un Ph non troppo acido (tra 4 e 5), ben lavorato e leggero, misto a foglie e poco letame maturo.
Per migliorare il substrato, si può aggiungere un po' di torba.


L'ideale sarebbe creare all'interno del giardino la "buca delle acidofile", una zona isolata dal resto del terreno in cui alloggiare tutte le piante che richiedono lo stesso tipo di terriccio acido (con un telo per laghetti ho separato Camelie e Rododendri all'interno di una vasca acida).

Camelia non ama il sole diretto ma nemmeno l'ombra totale, l'optimum è rappresentato dalla luce filtrata dalle fronde di un'altra pianta o da un graticcio.


L'arbusto predilige il terreno umido ma privo di ristagno idrico con acqua non calcarea da acidificare saltuariamente con succo di agrumi o tè (si possono utilizzare anche aceto o vino).

Non esagerare con le concimazioni: basta una fertilizzazione in Primavera e una in Autunno con concime granulare a lenta cessione e somministrazioni di ferro se si manifesterà ingiallimento fogliare.


Non occorre riparare o coprire le Camelie in Inverno: esse sono capaci di sopportare temperature molto al disotto dello 0.

E SE I BOCCIOLI NON SI APRONO?

Ecco un problema comune a cui è possibile porre rimedio,
In genere la causa della mancata apertura dei boccioli deriva da una carenza idrica estiva, da sbalzi termici elevati o da una sovrabbondanza di boccioli, spesso segno che la pianta è in sofferenza, un tentativo di sopravvivere mediante riproduzione.


Per aiutare la pianta può essere utile una "sbottonatura" da eseguire a fine Settembre lasciando uno o due boccioli per ogni punta di ramo o, se collocata in vaso, eseguire un rinvaso per migliorare le condizioni dell'impianto.

domenica 10 gennaio 2016

DAL MONDO VEGETALE LA BEVANDA PIU' FAMOSA DEL MONDO. DROGHE VEGETALI

Non esiste nessuna cosa che identifichi la globalizzazione come la bevanda gassata più famosa del mondo, la si trova in ogni angolo della terra, nelle canzoni, films, in viaggio per il Pianeta insieme ai popoli, immancabile sulle tavole accompagna i pasti di grandi e bambini....


Il nome non ha nulla di fantasioso, deriva dai vegetali che ne costituiscono la componente principale: la coca e la cola.

Fu inventata dal farmacista americano John Pemberton nel 1886 che inizialmente creò la segretissima ricetta come rimedio per il mal di testa e la stanchezza. 
Pemberton non riuscì ad intuire il vero potenziale della bevanda, indebitato vendette per 2300 dollari la formula e i diritti ad un uomo di affari che capì la forza della bibita gassata. 

Un prodotto globale con una storia globale, fortemente connotato geograficamente (gli Stati Uniti) in realtà frutto di migrazioni culturali e biologiche del passato.

"Nomina sunt consequentia rerum" (Giustiniano, Institutiones, libro II, 7, 3) cioè "I nomi sono conseguenti alle cose a cui appartengono", nulla incarna meglio il nome dato a questa bevanda i cui componenti principali sono la Coca (Erythroxylum coca) le noci del genere Cola, originarie dell'Africa tropicale.

Cola acuminata

Cola acuminata è un albero sempreverde originario dell'Africa Occidentale oggi diffuso in tutta la fascia tropicale.
Le foglie alterne ovali sono sorrette da un lungo picciolo, i fiori gialli a grappolo precedono frutti oblunghi coriacei che contengono 5 semi verdi che assumono una colorazione gialla a maturazione avvenuta.

Noci di cola

Le noci di Cola, ingrediente aromatizzante fondamentale nella preparazione della famosa bibita ricca di bollicine, racchiudono in sé numerose proprietà: stimolano il Sistema nervoso (azione energetica, stimolazione della mente sia in periodi di stress o di convalescenza), aumentano la secrezione dei succhi gastrici con conseguente aiuto nella digestione, favoriscono il dimagrimento (la caffeina presente allontana la sensazione di fame), efficaci nel trattamento delle emicranie grazie al maggior afflusso di sangue favorito da caffeina e teobromina, presentano moderate proprietà diuretiche, agiscono sul Sistema respiratorio (per broncodilatazione).

La pianta di Cola viene consumata in alcune regioni dell'Africa all'interno di cerimonie e riti, le noci vengono offerte agli ospiti come benvenuto e simbolo di amicizia, per consolidare un patto o una riconciliazione avvenuti.
Il seme masticato ha un sapore amaro ma viene ugualmente consumato dalle tribù indigene per l'alto valore simbolico, per combattere sonno e fatica, allontanare fame e sete e macinato come cicatrizzante delle ferite.

Erythroxylum coca

Erythroxylum coca, più semplicemente Coca, è un piccolo arbusto Sudamericano dalle cui foglie si estrae un alcaloide considerato uno stupefacente: la cocaina.
Inizialmente, nella ricetta segretissima della bevanda gassata erano presenti tutte le componenti della pianta, in seguito venne eliminato l'alcaloide stupefacente.

L'uso tradizionale della pianta, sottoforma di masticazione della foglia, risale a due millenni prima di Cristo .
Non era diffuso presso tutta la popolazione ma era ad esclusivo appannaggio della classe sacerdotale.
L'effetto provocato dall'utilizzo della foglia fresca (assunzione attraverso la masticazione o infuso di foglie essiccate) non è assolutamente da paragonare a quello della cocaina, gli effetti psicoattivi sono meno intensi e le conseguenze su mente e fisico sono nulle.


L'uso tradizionale delle foglie di Coca presso le popolazioni andine aveva lo scopo di alleviare il dolore (le foglie masticate venivano anche applicate esternamente su ferite e fratture), per intensificare le funzioni sensoriali e intellettive, per elevare ed espandere la coscienza (uso nelle cerimonie religiose, sepolture).
Furono i conquistadores spagnoli ad incoraggiare la diffusione ed aumentare la produzione della pianta di Coca per favorire lo sfruttamento della popolazione autoctona impiegata nei lavori pesanti in condizioni di schiavitù.
L'utilizzo delle foglie di Coca verso gli schiavi aumentava la produzione per gli effetti dell'alcaloide che facilitava maggior resistenza alla fatica, sonno, fame e sete.
Spesso la misera paga consisteva in foglie di Coca.

Testina in terracotta che evidenzia sulla guancia il bolo della coca
(2000 a. C. circa)

Per i popoli Quechua, discendenti degli antichi Incas e residenti nei distretti andini di Perù, Bolivia ed Ecuador, masticare fogli di Coca ha una valenza che trascende gli effetti psicotropi della cocaina. 
Il rituale ha un ruolo essenziale nel mantenimento dei principi culturali condivisi: la Coca è una parte integrante della vita di queste genti e un potente simbolo d'identità culturale; masticarne le foglie riconosce un membro come appartenente alla comunità.

Per i Quechua, la Coca è un balsamo per lenire il dolore di vivere.

Attenzione a non confondere questa pratica con l'uso della cocaina, bisogna invece associare l'uso tradizione delle foglie di Coca come un adattamento alla vita ad alta quota sulle alture andine.

Quechua

La ricerca dell'alterazione mentale è stata una costante nella storia dell'umanità: ovunque sul Pianeta le popolazioni umane hanno trovato il modo di assumere sostanze psicoattive (quasi sempre dalle piante) che dessero euforia, alleviassero dalla fatica, permettessero esperienze mistiche.
I nostri antenati hanno assaggiato, bollito, fumato, inalato, distillato di tutto.
Il mondo vegetale, il più grande laboratorio chimico del mondo, è stato il principale fornitore di sostanze psicotrope, normalmente prodotte dalle piante per assolvere funzioni completamente diverse (ad esempio difesa contro i predatori).
Alcune di queste sono note fin dalla preistoria (cannabis, oppio, tabacco, vite) e hanno sfruttato questo bisogno umano per farsi coltivare e trasportare in tutto il Pianeta.
Nonostante la consapevolezza dei danni fisici che il consumo di sostanze stupefacenti provoca e la lotta contro la loro produzione illegale, il successo della loro "domesticazione dell'uomo" continua indisturbato.

sabato 2 gennaio 2016

LA MAGIA DEL ROSSO NEL GELO DELL'INVERNO


Nessun colore come il rosso racchiude in sé la magia del Natale: in un Natale da fiaba rosso è il fuoco che scoppietta nel camino, rosso il puntale che nei miei ricordi di bambina mio padre collocava sulla cima dell'abete, rosso è l'abito di Babbo Natale, rosse le foglie della Poinsettia, rossi i fiocchi dei pacchi, rosso è il mio gatto che osserva il giardino dalla finestra....

....rosso è il mio gatto che esplora il giardino....

Nella brina del primo mattino il giardino sembra quasi un ricamo su cui spicca il rosso delle bacche della Nandina domestistica, dell'Agrifoglio (Ilex verticillata), della Pyracanta e del Cotoneaster.

Cinorrodi della Rosa canina

Per arricchire maggiormente il giardino invernale, sulle rose ormai sfiorite di fine Autunno mi piace lasciare i cinorrodi, le rosse bacche commestibili, affinché diventino fonte di cibo per i pettirossi affamati durante il lungo Inverno.

Le bacche vermiglie di Nandina domestica

Le bacche cremisi del giardino invernale si trasformano in bellissimi addobbi nel periodo natalizio da utilizzare in un decorativo centrotavola, un segnaposto, per allestire ghirlande da appendere alla porta di casa o semplicemente per essere collocate in un vaso di rami recisi che ravvivano la casa in momenti in cui vi è penuria di fiori.

Crataegus viridis "Winter King"

Un bellissimo arbusto capace di valorizzare il giardino invernale è Crataegus viridis specialmente nella cultivar "Winter King".

Si tratta di un biancospino di origine americana molto resistente al terreno calcareo e all'aridità che dall'Autunno all'Inverno offre bacche rosse commestibili molto appariscenti.
Crataegus viridis "Winter King" è una delle migliori cultivar di biancospino ai fini paesaggistici, un piccolo albero dalla forma arrotondata che in Primavera mostra una profusa fioritura bianca e in Estate foglie ellittiche dentate verdi che virano al rosso-violaceo in Autunno.

 Crataegus viridis "Winter King", bacche

Questo arbusto, a differenza degli altri biancospini, non ha una vera e propria struttura rigida, scarsa presenza di spine e una corteccia moto decorativa dal colore grigio-argento che tende ad esfoliarsi nel tempo mostrando una bella tonalità arancio.
Le bacche invernali rosso brillante impreziosiscono il giardino invernale e persistono sulla pianta per tutta la stagione fredda, rappresentano una valida fonte di nutrimento per l'avifauna in cerca di cibo.

Crataegus viridis è un arbusto dalle scarse esigenze che predilige suoli umidi, fertili e ben drenati posti al sole adatto ad ambienti urbani per l'alta tolleranza all'inquinamento.

Aronia arbutifolia sui margini di uno stagno

Per regalare una nota scarlatta al giardino invernale suggerisco un'insolita aggiunta: Aronia arbutifolia, perfetta sui margini di un laghetto ma capace di adattarsi a qualunque tipo di terreno ed esposizione.

Aronia arbutifolia, bacche

La bellezza di questa Rosacea poco utilizzata nei nostri giardini sta nel portamento leggermente arcuato, nella bella colorazione rossastra del fogliame autunnale e nei frutti che, oltre la loro bellezza sfacciatamente vermiglia, possono trovare ottimo utilizzo come sostituti dei frutti di bosco.
Come tutti i frutti scuri, le bacche di Aronia contengono antociani e vitamine dall'effetto benefico, le bacche possono essere impiegate come succhi da bere, sciroppi, gelati o utilizzate come colorante alimentare.

Un ulteriore vantaggio nell'utilizzo di questo morbido arbusto è la semplicità di coltivazione, un perfetto adattamento a qualunque tipo di substrato (tollera anche terreni paludosi) e la garanzia di fruttificazione anche in presenza ombra.



Aronia arbutifolia offre punti di vista interessanti in ogni stagione per il lucido fogliame, la delicata fioritura e la ricca fruttificazione.
Può essere utilizzata in gruppi, in bordure miste, aree boschive o di confine e per arricchire il bordo di un laghetto naturale.