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giovedì 26 dicembre 2013

EUPHORBIA PULCHERRIMA, LA STELLA DI NATALE

In questi giorni, Euphorbia pulcherrima o Poinsettia meglio conosciuta come Stella di Natale sta vivendo il suo momento di gloria.
E' presente ovunque: sommerse le vetrine di fiorai ed i vivai, spopola nelle case e negli uffici, viene regalata tutta infiocchettata, ricoperta di addobbi luccicanti per essere dimenticata al termine delle festività natalizie.


Questa è una delle rare piante che non amo, spero sempre non mi venga donata come strenna natalizia, cosa che faccio presente puntualmente ad ogni Natale.
Euphorbia pulcherrima non ha nessuna colpa, a volte oggetti, immagini, profumi e suoni sono legati a momenti particolari del proprio vissuto a cui non si ha voglia di pensare, inoltre rifiuto il grande (e forse unico) valore commerciale che viene dato a questa pianta, non esattamente legata alla nostra cultura e al Natale.
Dulcis in fundo, Poinsettia è una pianta tossica che ho cercato di non tenere in casa quando le mie figlie erano piccole ed ora temo che il mio gatto Mimmi vada a mordere in preda ad uno dei suoi attimi di follia maniacale.


Per molti anni è ugualmente apparsa in casa, in pochi giorni puntualmente  ornata da poche foglie superstiti, le altre, tutte accartocciate, sono riuscite ad arrivare all'Epifania, il tronco disadorno e spesso privo di apparato radicale è finito ad incrementare l'humus del giardino.

Alcuni esemplari che mi sono stati donati erano addirittura privi di apparato radicale, destinati ad una morte rapida e scontata.
Un triste destino per una pianta che nell'ambiente naturale da cui proviene raggiunge dimensioni ragguardevoli (fino a 10 metri), colora di rosso intere vallate e merita l'aggettivo che la distingue: pulcherrima ovvero bellissima.


Poinsettia proviene dall'America centrale, in particolar modo dal Messico, gli Aztechi la conoscevano come "Cuetlaxochitl" e ne utilizzavano la linfa come insetticida e per controllare la febbre. 
Le brattee (cioè le foglie rosse che vengono erroneamente scambiate per fiori) servivano invece come colorante rossastro.
Fu l'ultimo re azteco, Montezuma, a portare la pianta nel luogo che ora è Città del Messico, dove il clima risultava più favorevole alla coltivazione di  "Cuetlaxochitl" rispetto alle alte quote delle Ande.
Gli spagnoli di Cortes rimasero sbalorditi dalla bellezza sgargiante delle piante che crescevano spontanee ad altezze superiori a 2 metri nei boschi tropicali e nelle foreste a clima temperato.
Veri studi scientifici e tentativi di coltivazione in serra iniziano nel 1700 grazie al botanico tedesco Wilenow che attribuì alla pianta il nome di Euphorbia pulcherrima abbagliato dalla bellezza della pianta.


Joel Roberts Poinsett fu il primo ambasciatore americano in Messico, uomo politico con una grande passione per la botanica, sempre alla ricerca di nuove specie, introdusse Euphorbia pulcherrima negli Stati Uniti.
Portò l'olmo americano in Messico, ma il suo nome è legato indissolubilmente alla Stella di Natale a cui venne dato il nome di Poinsettia in suo onore.

La prima vendita della Stella di Natale con la sua denominazione Euphorbia pulcherrima avviene in Pennsylvania, ma il vero commercio a livello industriale ha luogo nella California meridionale nel '900 con la famiglia di emigranti tedeschi Ecke, detentori del segreto della riproduzione di Poinsettia.
Dalle prime vendite di Poinsettia lungo le strade come fiore reciso, la famiglia Ecke ha intrapreso studi sulle tecniche dell'innesto e con una campagna pubblicitaria sistematica in tutta l'America e una produzione a livello industriale, la Stella di Natale è stata imposta come pianta delle festività natalizie.
Gli Ecke mantengono ancora il monopolio mondiale delle vendite di Poinsettia.

Possiamo trovare legami tra Poinsettia e la nascita di Gesù nella forma delle brattee, simili alla Stella cometa di Betlemme e nel tipico colore rosso che ricorda il sangue di Cristo. 
Nel 1700 i frati francescani del Messico iniziarono ad utilizzarla come ornamento durante le celebrazioni del Natale, oggi la pianta è uno dei simboli del Natale più conosciuto nel mondo.
Nei diversi angoli del mondo Poinsettia è chiamata con nomi differenti: in Messico " La flor de Noche Buena" ovvero Fiore della Vigilia, in Spagna ed alcuni paesi Sud Americani è chiamato "Flor de Pascua", "Corona delle Ande" in Cile e Perù.
Negli Stati Uniti, 12 dicembre è il National Poinsettia Day.  
  
 
La Stella di Natale è un arbusto o un piccolo albero delle  Euphorbiaceae, al di fuori del suo ambiente naturale è considerata una pianta d'appartamento, nei climi sub tropicali viene coltivata come arbusto all'aperto.
E' una pianta cespugliosa dalla bella chioma con foglie verde-scuro lobate o dentate lunghe 15 cm. di forma allungata, la miglior caratteristica dal punto di vista estetico e commerciale è la presenza delle brattee (foglie modificate) rosse, rosate o bianche che hanno lo scopo di attrarre gli insetti impollinatori.
Al centro delle vistose brattee si trovano i fiori gialli detti ciazi che alla caduta delle foglie rosse versano il loro polline.

Spezzando un ramo di Poinsettia è facile notare la fuoriuscita di un lattice biancastro irritante per la pelle soprattutto in soggetti allergici.
La pianta non è velenosa come si crede, ma solo irritante.


All'acquisto di esemplari di Euphorbia pulcherrima, verificare alcuni particolari che garantiranno alla pianta una lunga sopravvivenza.
Le foglie dovranno essere presenti fino a livello del terreno, color verde scuro, folte e prive di afidi.
Le brattee con colore rosso in tutta la superficie sono le più sane, sconsigliate piante con brattee dai margini verdi o con chiazze ipocromiche.
Se il terriccio è umido ma le foglie sono ripiegate verso il basso attenzione ad un possibile marciume radicale, piante avvolte nel cellophane già prima dell'acquisto perderanno presto le foglie.
Verificare che il diametro del vaso sia almeno il doppio dell'altezza della pianta e durante il trasporto a casa proteggere Poinsettia dal freddo intenso.
La maturità della pianta è indicata dal colore dei fiori, meglio verdi o rossi.


Una volta a casa collocare Euphorbia pulcherrima alla luce indiretta, lontano da radiatori, porte o finestre da cui possono entrare correnti fredde.
Le foglie non devono toccare finestre dai vetri freddi, 6 ore al giorno di luce sono sufficienti.
La stella di Natale non richiede alte temperature, teme il gelo ma non il freddo, appena le temperature esterne lo consentiranno tenere la pianta all'esterno.
Annaffiare solo quanto il terriccio è asciutto evitando ristagni idrici, non concimare quando la pianta è in fiore, successivamente utilizzare fertilizzante liquido una volta al mese.
Il terriccio più adatto alla pianta deve essere di tipo sub acido (ph 6).


Superate (si spera!!) le festività, alcuni accorgimenti prolungheranno la vita di Euphorbia pulcherrima sino alla fioritura successiva.
Alla caduta delle brattee rosse, potare la pianta a circa 10 cm. dalla base annaffiando pochissimo.
Euphorbia pulcherrima è una tipica pianta a giorno corto, per fiorire necessita di non più di 10 ore di luce al giorno.

Quando inizierà ad emettere nuove foglioline (circa in Maggio) concimare ogni 2 settimane con potassio e fosforo e lasciare solo i cinque steli principali sino a giungere a Settembre, momento in cui dalle ore 17 circa fino al mattino la pianta dovrà essere tenuta al buio totale. (coprire con una busta di plastica nera)
Nelle restanti ore annaffiare poco ed evitare concimazioni.
A Natale si avrà una nuova fioritura.


La pianta è soggetta a numerose malattie di tipo micotico.

lunedì 23 dicembre 2013

HORTUS SIMPLICIUM: ORTI MONASTICI MEDIOEVALI

I complessi monastici nel medioevo rivestivano un ruolo di grande importanza sociale e culturale.
Dopo la caduta dell'Impero romano d'Occidente (476 d.C.) e le continue invasioni barbariche, monasteri e abbazie rimangono gli unici custodi del sapere classico e della conoscenza.
Una forma particolare di monastero è l'Abbazia, un complesso autonomo che svolgeva sia funzioni spirituali che sociali, in grado di soddisfare le esigenze conventuali e della popolazione esterna.

Monastero di Santa Scolastica, Subiaco

Gli insediamenti benedettini, con il principio inedito per l'epoca di unire alla preghiera il lavoro manuale, costituivano nel Medioevo una delle maggiori forme di sviluppo economico, sociale e spirituale (ad esempio Santa Scolastica, monastero benedettino più antico del mondo, Abbazia di Montecassino, Orsan in Francia ecc..).


Anche le conoscenze agricole e botaniche  degli antichi Greci, Romani ed Arabi possono essere salvaguardate e tramandate grazie al monachesimo.
Nel mondo cristiano medioevale l'orto e il giardino rivestono un ruolo fondamentale: sono associati al Paradiso inteso come luogo di delizie e tendono a imitare i modelli dettati dalle Sacre Scritture.
E' l'Hortus conclusus, un luogo che racchiude delizie naturali: alberi da frutto, fiori profumati, fontane e ruscelli, tutto all'insegna dell'ordine e dell'armonia.


Accanto a questo paradiso nascosto da alti muri, nasce l'Orto dei Semplici (Hortus simplicium) dove i "semplici" sono quelle erbe da cui trarre i principi attivi curativi offerti dalla natura.
L'orto è un luogo di clausura recintato, protetto e privilegiato in cui coltivare e studiare nel silenzio e nella quiete totale quelle piante utili al sostentamento e alla salute dell'intera comunità.

Da sempre l'uomo si affida ai principi contenuti nelle piante per curarsi, probabilmente imitando gli animali che sapevano approfittare del potere guaritore di specifiche erbe.
Il tutto aveva un approccio di tipo magico e miracoloso, per secoli medicina e magia sono andate di pari passo.


Documenti storici come il papiro egizio di Smith risalente al 3000 a.C. o il papiro di Ebers (1500 a.C.), testi assiro-babilonesi come la tavoletta di Ninive ci mostrano quali livelli di conoscenze avesse l'uomo sulle erbe e le patologie da esse curate.
Greci e Romani ( Ippocrate, Dioscoride, Plinio il Vecchio) ci hanno lasciato minuziose descrizioni scientifiche di piante medicinali, eredità che verrà preservata dai monaci medioevali.


Ma è nell'Hortus simplicium che le piante officinali vengono coltivate e studiate per ricavarne medicamenti realizzati da una sola pianta o composti da specie diverse, un vero hortus medicus o viridarium come viene definito nell'Alto Medioevo.
Dalle foglie, cortecce, radici e fiori i medici-monaci traggono i primi farmaci sotto forma di cataplasmi, tisane, unguenti.
Il loro silenzioso e costante lavoro è tenuto in grande considerazione, gli studi delle erbe si incrementano e dall' Hortus simplicium, nel '500, nascono i primi veri Orti Botanici.


Per secoli i monaci svolgono un minuzioso e appassionato lavoro di coltivazione, studio e catalogazione di piante medicinali, ricerca farmaceutica e preparazione di medicamenti di grande efficacia da dispensare con carità ai malati bisognosi.
Producono con minuzia cataloghi ragionati di tutte le erbe coltivate e dispensate, libri disegnati chiamati Hortuli tramite i quali il sapere si diffonde rapidamente.

Accanto alle abbazie e conventi nascono i primi ospizi e ospedali in cui i pellegrini e i bisognosi vengono accolti e curati.
L'opera dei monaci viene consolidata e diffusa dalla creazione della prima vera scuola medica autorizzata nata in Europa: la Scuola Medica di Salerno, (probabilmente anch'essa legata ad un convento) e dalla nascita di grandi Orti botanici come quelli di Firenze, Pisa, Padova e Bologna.

Salvia officinalis

Nel silenzio delle loro mura, nei secoli,nei monasteri si coltivano, essiccano e conservano le erbe in locali chiamati "officina" (da qui il nome piante officinali) al buio di armadi, si preparano con "i semplici" tinture, sciroppi e prodotti macerati nell'alcool, veri medicamenti.

Glycyrrhiza glabra (liquerizia)

Ancora oggi possiamo ritrovare questi luoghi pieni di pace e spiritualità in cui si è ripresa la coltivazione dei semplici, negli ultimi decenni si è verificato un ritorno ai preparati di erboristeria per sostituire i farmaci di sintesi.

Origanum vulgare (origano)

In un angolo tranquillo del nostro giardino è possibile ricreare un hortus simplicium per godere di quegli aromi semplici di un tempo lontano, retaggio di una cultura dimenticata.

sabato 21 dicembre 2013

TRAME INVERNALI: VIBURNUM TINUS

In un giardino gli arbusti spiccano per la loro forma e durata, rappresentano la trama attorno al quale tessere tramite piante ornamentali più fragili e dalla bellezza transitoria, creano scenografie gradevoli e mascherano la durata di erbacee dalla breve vita.
A seconda delle necessità e del gusto personale si possono reperire arbusti per ogni giardino e ogni stagione, anche quella invernale.

Durante l'Inverno gli arbusti sono elementi decorativi indispensabili in un giardino, quelli a chioma sempreverde o a fioritura invernale, alcuni tipi regalano colorazioni con le loro bacche o profumi intensi con i loro fiori.

Viburnum tinus

Un elegante arbusto sempreverde a fioritura invernale è Viburnum tinus.
E' chiamato comunemente Laurotino per le foglie coriacee e lucide simili a quelle dell'alloro.
Il nome deriva dal latino "viere" cioè intrecciare, legare (per i suoi rami flessibili) e veniva ampiamente utilizzato già dai Romani sia per la costruzione di ceste ed archi che nei giardini a scopo ornamentale.

Dipinti pompeiani ci mostrano come Viburnum tinus venisse rappresentato nelle decorazioni parietali, apprezzata come pianta di buon augurio nelle case e consacrata nei trionfi.
Viene citata anche da Virgilio che ne consiglia l'uso nei giardini per ottenere un miele profumato, si conosce anche un utilizzo nella medicina popolare.


In realtà il miglior utilizzo per Viburnum tinus è quello ornamentale nei giardini, dove ha conosciuto la massima diffusione nella progettazione del Giardino Romantico all'inglese.
L'arbusto trova collocazione come elemento di ricongiungimento tra un'architettura formale ed un giardino naturale per il suo valore estetico e la massa globosa della sua chioma un po' disordinata e dall'aspetto naturale.

Con la sua presenza Viburnum tinus maschera la drasticità degli interventi umani all'interno di un giardino addolcendone i contorni soprattutto se piantato in gruppi.


Appartiene alla famiglia delle Caprifogliaceae ed è originario dell'Emisfero Nord di Asia, Europa e America dove cresce allo stato spontaneo ai margini della macchia mediterranea e al limitare di boschi di querce lecci e alloro.
Raggiunge un'altezza massima di 3 metri con un portamento morbido ed espanso.
Le foglie ovali dall'apice appuntito sono picciolate, persistenti e dalla forma ovale con la pagina superiore di color verde scuro molto lucido, quella inferiore è ricoperta da minuscoli peli rossastri.


I fiori compaiono tra Ottobre e Maggio a seconda della fascia climatica e del protrarsi delle giornate miti, con una fioritura a scalare anche all'interno dello stesso corimbo (infiorescenza terminale ombrelliforme).
La fioritura è simile a piccoli merletti bianco-avorio e dal colore rosato quando i fiori sono in bocciolo, raggiunge un picco di fioritura spettacolare in Marzo.
Il profumo è scarso, se i fiori vengono colpiti dal gelo emanano un caratteristico e tipico odore sgradevole .


Al disseccarsi dei fiori compaiono le drupe (frutti) dapprima di colore verde poi blu metallico- nero alla completa maturazione.
I frutti persistono sui rami per molti mesi divenendo in un giardino invernale una notevole attrattiva.
Le bacche ricche di sostanze antiossidanti sono velenose per l'uomo e un'importante fonte di cibo per gli uccelli di passaggio durante i lunghi viaggi migratori.


Viburnum tinus è un arbusto ornamentale molto resistente e di facile coltivazione che sa adattarsi sia a climi rigidi che a periodi di siccità.
Preferisce il clima temperato, terriccio alcalino e ben drenato, esposizione al sole ma si adatta anche in mezz'ombra.
L'ombra totale preclude la fioritura.

Le potature non sono necessarie, l'arbusto cresce bene in quella forma un po' disordinata che lo caratterizza. Tollera bene tagli anche drastici che possono essere effettuati per contenerne la forma.


L'alta rusticità di Viburnum tinus è indicata dalla mancata necessità di concimazione, dalla tolleranza di aria inquinata o salmastra.

Può essere collocato in siepi miste, in gruppi o come esemplare solitario per proteggere un'area privata, ottimo in terrazzi come divisorio.
Pianta forte e resistente si ammala molto raramente.

giovedì 19 dicembre 2013

LAGHETTI: A CIASCUNO LA PROPRIA ZONA


Un giardino acquatico è sempre un punto focale eccellente nel proprio spazio, in un giardino tradizionale aggiunge una dimensione in più e un fascino misterioso che attrae grandi e piccini.
L'acqua regala vitalità e tranquillità, rilassa e dà allegria come nessun altro elemento naturale sa fare.
Questo è il momento per progettare correttamente un laghetto, ciò non significa scavare una buca e colmarla di piante, ma rispettare alcune regole indispensabili per il benessere dello specchio acquatico e dei suoi abitanti.

Le marginali integrano il laghetto rialzato nel paesaggio

Quando descrivo piante acquatiche spesso parlo di zone in cui devono essere collocate, di profondità dell'acqua in cui alloggiarle: marginali, galleggianti, sommerse, per zone umide...a ciascuna la propria zona!

Rispettare questa semplice regola permette di instaurare l'equilibrio biologico ideale e creare l'habitat idoneo per ogni tipo di pianta e creatura vivente.

Salvinia natans (galleggiante) tra foglie di Fior di loto

Possiamo suddividere uno stagno o laghetto in 5 zone diverse a seconda delle profondità dell'acqua, anche se possono presentarsi alcune naturali sovrapposizioni.

Carici per zona paludosa
Zona 1 . Contiene le piante marginali, cioè quella vegetazione igrofila che vive sulle sponde del laghetto, al limitare della superficie dell'acqua, all'interno di un terreno paludoso o soggetto ad inondazioni in caso di pioggia.
Scegliere le marginali con la giusta forma ed altezza permette di mascherare le sponde del laghetto e creare un tutt'uno con esso. Allo stesso scopo si possono inserire strati di ciottoli o lastre di pietre tra cui piantare le marginali per ottenere un effetto molto naturale.  
Piccole creature specializzate vivono sulle loro foglie e sugli steli che spesso utilizzano per uscire dall'acqua.

Lytrum salicaria (marginale)
Zona 2 . Ospita quelle piante che sopravvivono nell'acqua da 0 a 15 cm di altezza. Sono le cosiddette "piante di palude" da collocare nella zona immediatamente adiacente al bordo del laghetto, sempre bagnata anche nei periodi più siccitosi dell'anno. In genere sono piante a crescita veloce e disordinata, meglio controllarne l'accrescimento piantandole in vasi perforati o in appositi contenitori a cestello.          
La parte dello stagno in cui l'acqua ha un'altezza inferiore a 20 cm è la più ricca di vita per maggior quantità di luce ed ossigeno. All'interno possiamo osservare insetti carnivori ed erbivori come scarabei tuffatori e ninfe di libellula che se ne cibano.

Iris pseudacorus, marginale
Zona 3 . Collocheremo in questa zona quelle piante acquatiche che vivono al di sotto di 40 cm. di acqua. E' una zona mediamente profonda del laghetto in cui le piante acquatiche affondano le loro radici e dove svolgono il loro accrescimento ad una profondità media. Sono piante rigogliose sia nella porzione sommersa che in quella emergente.

Eichhornia crassipes,(galleggiante) con ninfea (ossigenante)

Zona 4 .In questa porzione del laghetto, che va dai 40 ai 120 cm. in genere l'acqua è priva di movimento ed è raggiunta la massima profondità , perfetta per ospitare Ninfee, Fior di Loto e piante ossigenanti. Ogni tipo di ninfea necessita di una profondità diversa e ciò indica che in un laghetto occorre scegliere il tipo di ninfea adatto alla profondità dello stagno.
Ninfee e Loti possono essere ospitati in cestini, entrambi contribuiscono all'inibizione della crescita delle alghe.


L'acqua profonda è piena di crostacei fluttuanti, alghe e pesci che nella vegetazione rigogliosa trovano cibo  protezione. Questa è la zona in cui proliferano anche numerose ossigenanti, importantissime perchè riducono il volume dei nutrienti all'interno dell'acqua.

Utricularia australis (ossigenante sommersa)

Si può tranquillamente affermare che le piante ossigenanti affamano le alghe causa di acqua torbida nel laghetto oltre a produrre ossigeno che in parte viene assorbito dall'acqua.
Prevengono anche la putrefazione delle sostanze che si depositano sul fondo del laghetto .
Le acquatiche ossigenanti possono essere piantate in vasetti con terriccio ricoperto di ghiaia o fluttuare liberamente in grappoli sciolti.

Azolla caroliniana (galleggiante)

Zona 5. La superficie dell'acqua è la parte in cui navigano liberamente le piante acquatiche galleggianti. Non sono ancorate al fondo e le loro radici fluttuano nell'acqua da cui assorbono i nutrienti.
Le galleggianti rivestono grande importanza per la salute del laghetto, assorbono grandi quantità di minerali e con le loro foglie filtrano la luce solare ombreggiando lo specchio acquatico.
Contribuiscono alla prevenzione della diffusione delle microalghe.

L'accrescimento delle acquatiche galleggianti è rapidissimo: occorre rimuoverle saltuariamente affinchè non ricoprano totalmente la superficie del laghetto (almeno due terzi della superficie deve essere libera da piante).
Anche la superficie dell'acqua ospita sopra e sotto alcuni invertebrati come gli insetti pattinatori e i barcaioli.

Il substrato cioè il fondo del laghetto è la residenza di varie larve ed organismi che si cibano della fanghiglia organica.

Potamogeton natans (nimpheacea)

In genere,all'acquisto delle piante acquatiche, la presenza di un cartellino esplicativo indica la posizione in cui collocarle, il vivaista potrà fornire ulteriori consigli sulla zona ottimale in cui alloggiarle.

In questo piccolo elenco, vorrei suggerire alcuni tipi di piante acquatiche e la loro zona, sono quelle che preferisco utilizzare nell'allestimento di un laghetto.

Thalia dealbata (terreno umido e marginale)

Piante per terreno umido

Acorus calamus e variegatus, Alisma, Arundo donax, Baldellia ranuncoloides, Caltha palustris, molti tipi di Carex, Cyperus alternifolius (falso papiro), Euphorbia palustris, Filipendula, Geum rivale, Gratiola officinalis, Geranium palustris, Gunnera, Hibiscus coccineus e Moscheutos, Iris di molte cultivar, Juncus (giunchi di diverse varietà), Lobelia, Lysimachia, Lythrum salicaria,
Mazus reptans, Mentha aquatica, Myosotis palustre, Miscantus, Oenanthe, Phragmites australis, Primule palustri, Ranunculus lingua, Rosa palustre, Typha, Viola palustre, Zantedeschia.

Butomus ombellatus (marginale)

Ludwigia grandiflora (marginale)

Piante palustri marginali

La maggior parte delle piante adatte a terreno paludoso vegeta molto bene nella zona marginale del laghetto, vorrei inoltre aggiungere:
Anemopsis californica, Butomus umbellatus, Colocasia esculenta, Equisetum, Ludwigia grandiflora, Marsilea quadrifolia, Orontium aquaticum, Pontederia cordata, Sagittaria, Thalia dealbata.

Hydrocharis morsus rane (galleggiante)

Galleggianti

Azolla, Eichhornia crassipes, Hydrocharis morsus rane, Lemna, Marsilea quadrifolia, Pistia stratiotes, Stratiotes aloides, Salvinia natans, Trapa natans.

Ceratophillum demersum (ossigenante sommersa) Aponogeton

Stratiotes aloides (galleggiante, ossigenante)

Ossigenanti

Baldellia ranuncoloides, Elodea canadensis, Ceratophyllum demersum, Hippuris vulgaris, Lemna, Hottonia palustris, Myriophyllum aquaticum, Potamogeton natans, Stratiotes aloides, Utricularia australis

Fior di loto (acqua profonda)
Ninfee, Nimpheaceae e Loti

Se ne possono reperire numerosi tipi di colore e taglia diversa, le Nimpheaceae rappresentano un gruppo di piante acquatiche che hanno struttura e portamento simile ad una ninfea, come:
Aponogeton distachyos, Hydrocleys nymphoides, Nuphar lutea, Nymphoides peltata, Poligonum amphibium, Potamogeton natans.


Ninfea nana

lunedì 16 dicembre 2013

CARDAMINE PRATENSIS AL CANTO DEL CUCULO

Il botanico John Gerard scriveva nel 1597, per indicare il miglior periodo dell'anno in cui appare Cardamine pratensis: "quando il cuculo comincia a cantare la sua nota piacevole senza balbettare".

Infatti "Fiore del cuculo" è uno dei nomi comuni con cui viene chiamata questa deliziosa erbacea perenne adatta alle zone umide del giardino, una delle poche piante da sponda che amano la parziale o totale ombra.


Cardamine pratensis è un'affascinante e informale pianta perfetta per le sponde di un laghetto naturale o per un giardino palustre, zone umide e ombreggiate o ai piedi di alberi dalla chioma che la possa proteggere dai raggi solari.


L'aspetto è esile e delicato: gli steli eleganti e sottili alla cui base compaiono foglioline dentellate sorreggono gruppi di fiori raccolti in grappoli dai colori vistosi ma raffinati: lilla, malva, rosa, bianco.
Nel periodo di massima fioritura, a fine Primavera- inizio Estate, i fiori sembrano galleggiare con delicatezza in mezzo al verde per raggiungere un'altezza massima di 20 cm.


Il "Fiore del cuculo" detto anche "Grembiule della signora", appartiene alla stessa famiglia del cavolo, delle rape e del crescione cioè le Brassicaceae e cresce spontaneo nell'Emisfero Nord, soprattutto di Asia ed Europa.

E' noto per attrarre ed ospitare farfalle, in particolar modo Great Orange Tip (Anthocharis cardamines)), farfalla che predilige le zone umide, la pianta è quindi una preziosa aggiunta per chi ama ospitare la fauna selvatica nel proprio spazio verde.

Anthocharis cardamines

Per coltivare Cardamine pratensis sono necessari due elementi: ombra e acqua; terreni alluvionali, margini di stagni, zone informali in cui l'acqua ristagna sono luoghi ideali per ospitare quest'erbacea perenne.
Predilige terreni lievemente acidi ma sa adattarsi a qualunque tipo di terreno purchè sia molto umido.

La propagazione è semplice siccome alla base dell'impianto nascono le giovani piantine che si possono separare facilmente, la semina sia direttamente nel terriccio che in semenzai protetto è un'altra maniera per moltiplicare la pianta.


Alla fine dell'Estate Cardamine pratensis "sparisce" sottoterra, è bene quindi affiancarla a piante che si espandono in piena Estate e che occuperanno il posto rimasto spoglio (Campanule, Aquilegia, flox)
Durante la Primavera associarla a Pulmonaria, Narcisi, Tulipani e Anemoni renderà l'area del giardino che ospita Cardamine pratensis molto attraente.


In passato questa bella e delicata erbacea è stata scarsamente utilizzata nei giardini perchè creduta nefasta, mai raccoglierne i fiori: entro l'anno si sarebbe caduti vittime di un fulmine o morsi da una vipera.
La pianta poi era considerata sacra alle fate, coglierne i fiori era assolutamente vietato e di cattivo auspicio, non veniva nemmeno inclusa nelle ghirlande di fiori.
Un tempo si utilizzava per scopi alimentari al posto del crescione nelle insalate.