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martedì 17 giugno 2014

LA PAZIENZA DEL GELSO

Non esiste un albero più paziente e saggio del Gelso.
Plinio il vecchio lo definisce "sapientissima arborum", il più saggio degli alberi perchè con pazienza attende che siano scongiurate anche le gelate più tardive per emettere il fogliame.
Il Gelso è l'ultima caducifoglia a vegetare, per i Greci è una pianta consacrata al dio Pan, ricca di simbologia, intelligenza e passione.


E' ai piedi di un Gelso che si consuma il dramma d'amore di Tisbe e Piramo come Ovidio racconta nelle libro quarto delle sue "Metamorfosi", le bacche da quel giorno colorate dal sangue degli amanti sono divenute rosse per la pietà degli Dei.
Romani e Greci apprezzano sulle loro tavole il rosso frutto composto che chiamano morus, Morus celsa (cioè Moro alto) è la pianta che lo produce, un appellativo che lo distingue dalle more di rovo.


I Romani adorano le sete preziose che importano dall'Oriente a caro prezzo, non sanno quale rapporto intercorra tra le seriche stoffe e la pianta del Gelso, l'alimento principale per l'allevamento di Bombyx mori, il baco da seta.

Ai tempi dell'imperatore Giustiniano, nel 551 d.C. il grande segreto viene svelato: due monaci di San Basilio, missionari in India e giunti sino in Cina, raccontano come la seta è prodotta da piccoli animali e di aver appreso il modo di allevarli.


Le piccole uova dei bachi e gli inestimabili semi della pianta che li nutre, nascosti dai monaci all'interno di canne di bambù, arrivano a Bisanzio, inizia la grande diffusione del Gelso bianco.
Da Costantinopoli alla Grecia e da qui in Italia, l'albero del Gelso bianco (Morus alba) diventa prezioso, l'indispensabile sostentamento per i bachi da seta che si nutrono esclusivamente di queste foglie.
Negli statuti comunali del 1300 viene imposta la piantagione di Morus alba a tutti i proprietari terrieri e decretate gravi sanzioni a chi danneggia le piante. Prende via l'epoca millenaria dell'albero dorato.


Morus nigra, il Gelso nero, non manca nei chiostri  medioevali, viene utilizzato di frequente dai frati per la produzione di un vino ottenuto dai frutti e detto "Vinum moratum" o per arricchire il colore del vino rosso.

Gelso bianco e Gelso nero sono piante molto simili anche se a quest'ultimo viene attribuita maggior robustezza, dimensioni e resistenza al freddo.
Sono entrambi alberi caducifogli che appartengono alla famiglia delle Moraceae, Morus nigra probabilmente arrivato in Europa dal Medioriente da millenni, Morus alba giunto dalla Cina solo nel XV secolo.


Morus alba si presenta con un tronco robusto variamente ramificato, belle foglie verdi seghettate alterne di forma ovata o cuoriformi (a volte trilobate) sostenute da un picciolo scanalato, glabre nella pagina inferiore.
L'albero ha crescita rapida, aspetto imponente, chioma espansa e densa.
Al di sotto della corteccia corre una fitte rete di canali ricca di lattice.
I fiori a grappolo hanno un aspetto irrilevante, presenti sulla pianta in entrambi i sessi, la fioritura di colore verde passa spesso inosservata.

I frutti vengono denominati impropriamente "more", in realtà il frutto è un sorosio, un falso frutto costituito da tante piccole sfere raggruppate e a loro volta formate dal frutto vero ricoperto da una polpa bianco-rosata commestibile.


Il Gelso bianco anche se in Italia non è una pianta autoctona si è diffuso e propagato con facilità grazie alla rusticità e alla semplice riproduzione spontanea per seme.
Un tempo molto diffuso nella Pianura Padana nelle zone ricche d'acqua, lungo canali e fossati, oggi è diventato un "frutto dimenticato" utilizzato solo a scopo ornamentale in parchi e giardini o in alcuni orti.

Morus nigra o Gelso nero presenta dimensioni inferiori rispetto ad M. alba, la foglia è pubescente nella pagina inferiore e ruvida in quella superiore, i frutti giunti alla maturazione assumono una colorazione rossastra ed un ottimo sapore.
Tipico è mangiarli direttamente dall'albero per l'alta deperibilità, in Sicilia ho assaggiato ottime granite ai frutti di gelso nero.


L'utilizzo dei frutti in campo gastronomico e terapeutico è conosciuto fin dall'antichità, posso definire le more di gelso "frutti- medicina" per le innumerevoli proprietà curative di tipo diuretico, lassativo, per le affezioni del cavo orale, delle vie respiratorie e come antianemico.

Recenti studi hanno dimostrato come le foglie di Morus alba abbiano effetto ipoglicemizzante e quindi utili in caso di diabete e come la corteccia contenga sostanze antibatteriche con capacità pari a quelle di alcuni antibiotici.
Nella corteccia e nelle radici sono state rinvenute componenti con effetti positivi contro la gotta.


Il legno è un ottimo combustibile ed adatto alla realizzazione di oggetti artistici, nella bassa modenese è un elemento indispensabile nella costruzione delle botti per l'aceto balsamico.

Morus alba nel "Parco di Monte Sole"

Alcuni giorni fa ho conosciuto un Gelso bianco centenario testimone silenzioso di tragici avvenimenti.
Si trova nel Parco storico di Monte Sole, sorveglia i resti di alcuni villaggi teatro di un grave eccidio nazista: la strage di Marzabotto.
Tra il 29 Settembre e il 5 Ottobre 1944 ha dovuto assistere impotente alla morte di 770 innocenti, donne, anziani e bambini, vittime della cattiveria umana.

Ha udito impotente le grida di credeva ancora nella pietà, ha pianto e urlato con chi non aveva via di scampo, ha respirato il fumo e bevuto il sangue di poveri innocenti.
Ora tra le sue braccia nodose accoglie un altare, ascolta le preghiere dei credenti e le riflessioni di chi non vuole più assistere alla violenza insensata degli uomini.
Basta sedere sotto l'ombra del grande Gelso bianco, ascoltare il suo racconto saggio e paziente, per non dimenticare.


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