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domenica 1 febbraio 2015

BOLOGNA LA CITTA' DALLE ACQUE SEGRETE

Cammino in fretta per le strade della mia città, Bologna, con una meta fissa, senza mai guardare veramente quello che vedo, mi affretto con la testa rivolta verso il basso con l'unico pensiero di riuscire ad arrivare in tempo alla stazione ferroviaria per non perdere il treno che mi riporterà a casa.

Bologna significa andare per uffici, appuntamenti di lavoro, ospedali, negozi, a volte qualche mostra, mi rendo conto meravigliata che i turisti conoscono la mia città più a fondo di me.

Uno scorcio medioevale di Bologna

Mi chiedo cosa stiano fotografando nei luoghi in cui passo e ripasso velocemente con un occhio al semaforo e l'altro all'orologio, io che utilizzo le Due Torri , il colle di San Luca o la Fontana del Nettuno solo come punto di riferimento durante gli spostamenti.

E' con profondo senso di colpa che ho scoperto, prima leggendo alcuni libri, poi seguendo gli stessi percorsi dei turisti, che Bologna conserva un grande segreto nel profondo delle sue viscere: un tesoro acquatico.

A Bologna non c'è il mare e nemmeno un fiume importante, esiste una sola fontana monumentale e non si trovano quelle pittoresche fontanelle agli angoli delle strade. 
I toponimi delle vie raccontano però un'altra storia, un legame passato con l'acqua che oggi sembra solo un ricordo: via Riva di Reno, Via delle Moline, via del Porto, Piazza della Pioggia, via Bagni di Mario, Porto Navile, la Salara....

Ma allora dov'è l'acqua?


L'acqua a Bologna scorre impetuosa sotto i nostri piedi, sotto i lunghissimi e famosi portici, l'antica Università, sotto le chiese e i palazzi signorili, le case e le strade in un percorso organizzato di canali che dal Medioevo al Settecento ha reso la città simile a Venezia, un itinerario oggi tombato ma che sta riaffiorando prepotentemente con la storia della città.

La storia dei canali e dei mulini di Bologna è un racconto giocato sull'acqua che regala un'altra immagine della città, nota prevalentemente per l'alto livello culturale, economico e gastronomico ma che per secoli ha incentrato la sua ricchezza sull'uso organizzato e razionale delle acque come poche città hanno saputo fare, fino a competere con la Repubblica di Venezia.

Antica mappa della città

L'ingegnosa storia dell'acqua a Bologna inizia nel I° secolo d.C. in età augustea con la costruzione di un acquedotto come solo gli architetti e ingegneri romani hanno saputo fare: un'opera geniale scavata nella roccia e nel terreno permeabile per oltre 18 km, completamente sotterraneo, in alcuni tratti rinforzato con opere murarie ed intonaco e che convoglia le acque del Setta fino ad una cisterna nei pressi della città dove attraverso fistole (tubi di piombo) l'acqua giungeva alle terme e agli edifici pubblici e privati.

Acquedotto romano

L'acquedotto romano è un'opera ciclopica che ha richiesto 12 anni di lavoro, il cunicolo ha un'altezza che va da 60 a 90 cm e una larghezza massima di 190 con un pendenza lievissima (0,1%)
Caduto nell'oblio dopo il crollo dell'Impero romano, grazie agli studi e all'ostinazione dell'ingegnere-archeologo Antonio Zannoni è stato ritrovato e recuperato, il ripristino è avvenuto nel 1881 e festeggiato con uno zampillo d'acqua dalla Fontana del Nettuno di Piazza Maggiore.

Una scala di 327 gradini scavati nella roccia ed in perfette condizioni permette di accedere al millenario acquedotto ad una profondità di 65 metri, un ripido accesso situato nel parco di Villa Ghigi.

Fontana del Nettuno

L'acquedotto romano di Bologna è una testimonianza archeologica viva e funzionante, tutt'ora in uso, rifornisce la città di acqua per il 20%.

La storia più emozionante della Bologna delle acque è quella che inizia nel Medioevo periodo in cui viene creato un sistema di canali artificiali allo scopo di rifornire di acqua la città e alimentare i numerosi opifici presenti.

Grazie alla forza idrica, Bologna rappresenta in quel periodo la prima città in Italia per lo sviluppo industriale e la quinta in Europa, soprattutto per la lavorazione dei tessuti.


A partire dal secolo XII, Bologna si dota di un sistema idrico artificiale all'interno delle mura partendo da due chiuse sul fiume Reno (a Casalecchio, la prima culla Villanoviana) e sul torrente Savena, probabilmente sfruttando tracciati preesistenti di origine etrusca e un ponte romano edificato contemporaneamente al tracciato della Via Emilia.

Il Canale Reno viene costruito da privati cittadini detti "Ramisani" proprietari di un ramo del fiume, con lo scopo di far funzionare i mulini per la macinazione del grano senza sottostare al pagamento delle tasse, poco dopo con un atto di esproprio il Comune diviene proprietario del sistema idrico a cui aggiunge due rami laterali.

Tratto di canale visibile al di sotto del torrione del trecento

Si crea un sistema idraulico in grado di rispondere a varie esigenze: rifornimento domestico (case, animali, orti e giardini), difesa (alimentazione dei fossati delle cerchie murarie), rifornimento di energia idraulica ai vari opifici (macine da grano e da concime, da seta e da canapa), come via di penetrazione delle merci in città, per usi industriali nella lavorazione del pellame, carta, mattoni, vetro, tessuti e come fonte di energia idraulica di filatoi, mole, mantici e seghe idrauliche, come via di smaltimento dei rifiuti pubblici e privati.

Nella Bologna del Seicento si contano circa 120 mulini da seta mossi quasi da 400 ruote idrauliche e 20 mulini da grano concentrati nel Canale delle Moline con una netta divisione delle zone per permettere la priorità di un'attività sull'altra (le ruote da macina erano di dimensioni maggiori e necessitavano di una quantità più elevata di acqua).

Fontana Vecchia, addossata sul lato del Palazzo Comunale, edificata nel 1565

Tramite due consorzi si mantiene in efficienza la fitta rete di canali e condotti che garantiscono il funzionamento di tutte le vie d'acqua con le centinaia di ruote idrauliche, controllo delle acque piovane ecc.. in una cervellotica ragnatela di regolamenti per la distribuzione dell'energia idrica.

Per alcuni secoli i bolognesi sono intrappolati da severe regole che disciplinano la distribuzione delle acque: in periodi di penuria si impone un sistema di priorità alle industrie più importanti come filatoi e mulini da grano a discapito di tintori e conciapelli o lavandai; l'apertura delle paratie e delle chiaviche viene controllata severamente secondo casi  e necessità nei vari giorni della settimana.

Palazzo Pepoli Vecchio su via Castiglione, un tempo via d'acqua
(si notano sulla facciata gli attracchi per le imbarcazioni)

Particolare

Nella Bologna medioevale è più facile spostarsi via acqua che via terra, le acque dei canali dopo essere state utilizzate per usi industriali e domestici confluiscono in località Bova (presso cui è ubicato il porto) nel Canale Navile e sostengono la navigazione fluviale verso il Po e quindi l'Adriatico.
Il Canale Navile (edificato nel 1208), collega Bologna a Ferrara e Venezia, è la strada che Lucrezia Borgia percorrerà nel 1501 per andare sposa ad Alfonso D'Este. 

Dice Andreas Schott (Gesuita, traduttore e linguista) nel 1594: 
"Bologna sembra una nave più lunga che larga con in mezzo la Torre degli Asinelli a fare da albero maestro, la Garisenda da scala e le altre torri da sartiame"

Mura presso Santa Maria della Grada,
La grata da cui prende il nome è ancora presente


Nel '500 la costruzione del sistema idraulico a Bologna, durata 300 anni, viene portata a termine. L'intricato progetto è così lungimirante e funzionale che risulterà efficiente ancora nell'Ottocento.

Si utilizzano le pendenze naturali del territorio, si costruiscono chiuse per convogliare l'acqua di torrenti naturali (come l'Aposa, che ancora oggi scorre nel suo alveo originale) e chiaviche, cioè un insieme di canaletti sotterranei che assicurano la distribuzione capillare delle acque in tutta la città e all'interno delle case dalle cantine.
Le chiaviche vengono poste all'inizio e al termine di ogni strada allo scopo di alimentare le ruote dei mulini situate all'interno degli scantinati, mentre i chiavicotti dovevano convogliare l'acqua utilizzata nelle lavorazioni.
Con i salti viene aumentata la velocità dell'acqua (in via delle Moline se ne possono ancora osservare 9)

La grata veniva chiusa di notte per impedire l'ingresso di malintenzionati dentro le mura.
La grata segna l'entrata del Reno in città

Sui canali si dipana un mondo tumultuoso di cui fanno parte numerose figure che si muovono tra il vociferare dei bambini e i pettegolezzi delle lavandaie: acquaioli che trasportano l'acqua dalle fontane pubbliche a chi ne ha necessità o è troppo pigro per andarsela a prendere, carrettieri di acqua di fiume per i tintori, netta-pozzi che legati ad una corda si devono calare nei cunicoli e riempire secchi di liquame svuotati da assistenti, spazzini con il compito di trasportare la melma su carretti, lava-strade che ripuliscono le vie dal fango.



I piloti invece controllano le pile da riso, molti sono gli addetti alla navigazione, al controllo delle chiuse e delle paratie, doganieri riscuotono i dazi delle numerose merci trasportate, il 40% circa della popolazione tra uomini, donne e bambini svolge la propria attività nell'industria della seta e della canapa. 

Poi ci sono quelli che con lunghe pertiche recuperano i corpi degli annegati (suicidi o ammazzati) che rimangono impigliati contro le paratie e le grate di ferro, compresi quelli che finiscono nei canali accidentalmente perché di notte la città è mal illuminata.

Tratto di Via Riva di Reno sotto cui scorre l'omonimo canale
uno degli ultimi ad essere tombati

La vita lungo i canali è intensa e piena di allegria ad ogni ora: funamboli e tuffatori danno spettacolo per pochi soldi, le osterie sono numerose come tanti gli ubriachi che cadono accidentalmente in acqua (sono noti alcuni osti dotati di corde e salvagenti per il recupero dei malcapitati!).
Non mancano le gite in barca e i ragazzi che imparano a nuotare tra le acque melmose del Navile mentre spiano affascinati i seni delle lavandaie....
Di notte Bologna è una città pericolosa: ladri, mendicanti, borseggiatori e prostitute si affollano sulle rive buie dei canali.

Monumento alla lavandaia, via Riva di Reno

Ai tempi di Dante e di San Francesco Bologna è una città ricca e industriosa che attira molta popolazione dal contado, lo sferragliare dei mulini mossi dall'acqua è incessante, il numero degli abitanti e le conseguenti necessità è in aumento costante.

Mulino da seta alla bolognese, Museo del Patrimonio Industriale

Quello che fa della Bologna delle acque una città proto-industriale è l'invenzione del mulino da seta alla bolognese con ruota idraulica e incannatoio meccanico, una "macchina" che garantiva ritmi produttivi elevati associati a qualità migliore del filo.
Il processo produttivo era interamente meccanizzato, gli operai si limitavano ad alimentare le macchine e riannodare i fili che si spezzavano.
Il segreto di questa tecnologia veniva gelosamente custodito con gravi pene per chi lo avesse rivelato, Bologna teme la concorrenza che in seguito arriverà.

Dalla fine del '600 inizia il lento declino della seta bolognese.
Instabilità politica, peste, carestie, guerre napoleoniche, la mancata capacità di adeguarsi ai nuovi tempi fanno tramontare l'epoca dei canali di Bologna.

Immagine virtuale dei canali, museo Palazzo Pepoli

Nel 1889, l'anno in cui a Parigi viene inaugurata la Tour Eiffel, a Bologna si decide la chiusura di tutti i canali che si stavano trasformando in discariche.
La loro forza non serviva più, si interrano i corsi d'acqua che si trasformano in strade, gli ultimi tratti vengono tombati al termine della Seconda Guerra Mondiale nell'ottica di un riassetto urbanistico.

Canale delle Moline

Una nuova attenzione oggi riporta a Bologna la voce dell'acqua.
Se si ascolta attentamente la si può sentire in un tratto del Canale delle Moline o al di sotto della chiesa della Madonna della Grada.

La finestra di Via Piella

Basta affacciarsi alla finestra di via Piella per tuffarsi nelle vie d'acqua della Bologna del passato e riscoprire un patrimonio da non dimenticare

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