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lunedì 29 settembre 2014

ZIZYPHUS JUJUBA, IL GIUGGIOLO

Tra i cosiddetti "frutti minori" ormai in disuso e quasi sconosciuti, vorrei ricordare il Giuggiolo (Zizyphus jujuba).

Giuggiolo

I "frutti minori" sono piante spontanee molto resistenti e produttive che fino all' '800 erano tenute in gran considerazione dai ceti sociali meno abbienti che, non potendo permettersi specie frutticole più pregiate, ripiegavano su questi frutti.

In realtà i "frutti minori" (nocciolo, pistacchio, noce, castagno, gelso, melo cotogno) contengono molte qualità, le piccole dimensioni però non attraevano i proprietari terrieri che ne lasciavano l'intero raccolto agli affittuari.
La scarsa manutenzione di questi arbusti non distoglieva i lavoranti dalla cura dei frutteti principali, il proprietario permetteva loro di sfruttare in pieno questi alberelli.

I vantaggi di poter godere dei frutti minori comprendevano anche l'utilizzo del fogliame come foraggio o lettiera per gli animali, l'uso del legname per riscaldarsi, la produzione di infusi, tisane e confetture, il nutrimento dei bachi da seta nel caso del gelso.


Zizyphus jujuba, il Giuggiolo, è un arbusto conosciuto dall'uomo da millenni. Proviene dall'Asia e dalla prime forme selvatiche pare si siano sviluppate diverse varietà addomesticate molto utilizzate soprattutto in Cina.
La Cina ospita il maggior numero di specie genetiche, molte delle quali presentano piante e frutti dalle caratteristiche molto variegate e sconosciute al di fuori di questi territori.

Omero narra nella sua Odissea che Ulisse e i suoi uomini approdarono nell'isola dei Lotofagi in seguito ad un naufragio, lì si lasciarono tentare da un frutto che una volta mangiato provocava un oblio che impediva di ricordare la famiglia e la casa lontane.
Pare che il frutto magico sia proprio Zizyphus lotus, una varietà di Giuggiolo da cui si ricava una bevanda fermentata.


Furono i Romani a portare in Italia la pianta del Giuggiolo che ritenevano rappresentasse il silenzio, i templi della dea Minerva ne erano spesso adornati.
Con i frutti veniva preparata una bevanda fermentata.
In alcuni ricettari del '400 la giuggiola rientra tra gli ingredienti nella preparazione di carni e pollami in agrodolce o sciroppi espettoranti.

Vendita di prodotti ad Arquà Petrarca

Oggi l'arbusto è poco diffuso, lo possiamo rinvenire in alcuni orti o giardini del Sud o sui colli Euganei dove Zizyphus jujuba  viene ampiamente coltivato.
Ad Arquà Petrarca il Giuggiolo fa parte della tradizione locale, con i frutti si preparano ottime confetture, bevande, sciroppi e il tipico "Brodo di giuggiole".

La curiosa espressione italiana "andare in brodo di giuggiole" significa essere molto felici, gongolare di gioia ma il percorso storico- linguistico di questo modo di dire spiega come le giuggiole non entrino affatto nell'etimologia della frase.
Nessuno ha mai gustato il brodo di giuggiole perché non esiste!


L'espressione corretta è "andare in brodo di "succiole", nel toscano antico le succiole ( cioè "da succhiare") sono le castagne cotte con la buccia nell'acqua.
Per i bambini del passato, le dolci e farinose "succiole" rappresentavano le caramelle mai conosciute, si distribuivano nei matrimoni come segno propiziatorio e di allegria come oggi si fa con i confetti. 
Si suppone quindi che nel tempo, il termine "giuggiola" abbia sostituito "succiola" per somiglianza fonetica. 

Il Giuggiolo è un albero di piccole dimensioni a crescita lenta dall'aspetto contorto, molto decorativo e adatto ad abbellire giardini anche di piccole dimensioni per il suo grande valore ornamentale.
E' un alberello deciduo che appartiene alla famiglia delle Ramnaceae con radici che si sviluppano in profondità, viene anche chiamato Dattero cinese per la somiglianza dei frutti di alcune varietà.


La corteccia si presenta rugosa e di colore rosso-bruno, i rami contorti, lisci e irregolari, lievemente prostrati, mostrano ai nodi una coppia di piccole spine e portano foglie decidue verdi brillanti ovali e di piccole dimensioni.
Le foglie sono lucide e coriacee con piccole appendici spinose alla base.

Dalla metà dell'Estate compaiono scalarmente i piccoli fiori verdastri che vengono impollinati dalle api e da altri insetti pronubi.
I frutti sono drupe carnose simili a grosse olive dal colore dapprima verde poi marrone lucido a sviluppo completo.
La polpa matura ha un sapore gradevole dolce-acidulo con una consistenza dapprima croccante poi farinosa, contiene il seme duro e appuntito.

Con il procedere della maturazione, dalla metà di Agosto sino ad Ottobre, il frutto assume una colorazione più scura e un sapore maggiormente dolciastro, la superficie rugosa lo rende simile ad un dattero.
I frutti maturi possono essere conservati freschi per un mese al buio oppure sotto spirito, ottimi se trasformati in deliziose confetture, sciroppi o gelatine.
E' possibile l'essiccazione o la preparazione di canditi.


Zizyphus jujuba è un albero che è possibile ammirare sporadicamente addossato ad un muro soleggiato delle case di campagna o in vecchi orti, predilige terreni asciutti anche poveri e sassosi, sopporta bene la siccità ma non le temperature eccessivamente basse (fino a - 15°C).
Il Giuggiolo dimostra resistenza al vento e in genere non subisce attacchi dai parassiti.

Necessita di potatura a fine Inverno effettuando l'eliminazione dei polloni e delle parti secche o danneggiate, consiglio una concimazione all'inizio della Primavera con fertilizzanti a lenta cessione.
L'irrigazione deve essere effettuata durante l'Estate ai nuovi impianti, le piante ben radicate si accontentano dell'acqua piovana.


Le diverse cultivar si possono suddividere in grandi gruppi a seconda della forma e della dimensione della drupa: 
meliforme dalle ottime qualità organolettiche, autofertile con frutto piccolo e rotondeggiante; 
olivaceo in cui il frutto è allungato, di medie dimensioni, molto produttivo e autofertile, buone caratteristiche organolettiche della drupa.
Gigante meliforme, con frutti grossi e saporiti.
Gigante periforme dalla drupa oblunga.


Il Giuggiolo è una pianta ornamentale perfetta all'interno di un giardino di campagna o naturale, può essere utilizzato per formare siepi che grazie al profondo apparato radicale si oppongono a terreni franosi. 
I frutti maturi, alla commestibilità, uniscono un estetico contrasto di colore col verde fogliame.


La pianta può essere coltivata in vaso per diversi anni vista la crescita lenta, poi dovrà essere trasferita in piena terra dove lo sviluppo delle robuste radici potrà proseguire (consiglio un vaso di almeno 40 cm di diametro).






giovedì 25 settembre 2014

IPPOLITA, STORIA DI UNA STREGA DI PALUDE

La storia di Ippolita non è una favola o una fola, come si dice qui nella Bassa, ma un fatto reale che si è dipanato cinquecento anni fa a pochi metri dalla casa in cui abito.
Tutto è documentato, gli archivi storici di Modena raccolgono i verbali del processo che hanno portato una giovane ragazza sul rogo, solo perchè "diversa" in un'epoca in cui paura e maldicenza spadroneggiavano.

Concilio di Trento

Il periodo storico in cui Ippolita trascorre la sua breve vita è molto particolare: la Chiesa Cattolica in risposta alle numerose scissioni nate al suo interno attua la Controriforma. Tra i decenni che vanno dal 1500 al 1600 in Europa nascono diverse dottrine religiose (protestanti calvinisti , luterani, anglicani) a cui la Chiesa pone un freno con il Concilio di Trento (1545-1563).
Nasce l'ordine dei Gesuiti che, affiancati all'inquisizione spagnola già da tempo operante, difendono strenuamente la Chiesa opponendosi all'eresia.
La Chiesa Cattolica irrigidisce ulteriormente le sue posizioni con un atteggiamento di chiusura completa, Il tribunale del Sant'Uffizio dell'Inquisizione romana viene ripristinato.


Inquisizione

Ma il clima di paura e tensione che si respira nella seconda metà del '500 non è solo causato da motivi religiosi, l'Europa sta vivendo un momento fatto di guerre, carestie, epidemie, problemi economici che creano insicurezza nella popolazione.
La risposta dei politici e dei religiosi è quella di predicare austerità e moderazione con la repressione di chiunque possa mettere in discussione o minare l'autorità.

Le accuse di eresia diventano sempre più frequenti, le manifestazioni di odio e paura si aggravano verso il "diverso" considerato demoniaco e una minaccia per l'ordine sociale.
Nell'intera Europa tra il 1560 e il 1630 circa 20000 persone vengono bruciate sul rogo, soprattutto donne, in seguito ad una condanna per stregoneria.
Non si conosce il numero esatto di persone perseguitate e processate, si sa che la cifra è elevatissima, una sorta di ossessiva persecuzione che ha provocato una vera "caccia" alle streghe.


Rogo 

Quelle che si definivano pratiche magiche erano invocazioni di esseri sovrannaturali legati agli elementi naturali con riti e formule che si tramandavano da secoli e con la preparazione di pozioni o medicamenti con le erbe che la natura offriva.
Dal '400 la Chiesa inizia ad associare la "magia" come opera del demonio con il quale la strega o lo stregone stringevano un patto con il quale l'essere umano abbandonava la fede cristiana per seguire il diavolo.
Siccome nessuno veniva colto in flagranza di reato, dal '500 si iniziano a ricercare quei segni che marchiavano la strega a conferma del patto satanico.


Manuale sulla stregoneria, anno 1437

Bastava un colore particolare dei capelli (come il rosso), una parte del corpo insensibile al dolore, un neo dalla forma particolare, la denuncia di un vicino, parente o conoscente si finiva per essere arrestati, torturati e processati, fino alla condanna capitale.

La classe colta tramite prediche e pubbliche accuse convince la popolazione dell'esistenza delle streghe, suscita terrore che può essere combattuto solo col fervore religioso.


Dal film Disney "Brave"

Ippolita è una figlia illegittima di un ricco bolognese e di una dama di corte francese da cui eredita una massa fiammeggiante di capelli e un fisico longilineo ed elegante.
La nonna, la contessa Lanzirelli, che per il figlio ha in progetto un matrimonio di convenienza, fa allontanare la piccola dalla casa padronale abbandonandola al suo destino.
La mamma francese di Ippolita, malata e non più in grado di accudire la bambina di 2 anni, la affida ad una serva che in passato le era stata fedele e che ora vive con la famiglia nelle campagne bolognesi.



Ippolita cresce nella vecchia Pianura dove cielo, terra e acqua si confondono, all'interno di un'ambiente agreste in cui fin da piccola conduce la vita dei contadini: si cura del pollaio e dell'orto con la madre adottiva, nutre i preziosi bachi da seta, governa gli animali nella stalla, gioca con i coetanei lungo i fossati della palude in piena libertà immersa nella natura.

La piccola Ippolita non sa di essere stata adottata ma lo intuisce, non assomiglia assolutamente ai genitori e al fratello, dai capelli scuri e dal fisico tarchiato.
E' una bambina molto amata, ha la testa piena di sogni e fantastica spesso assorta.
Nel 1600 Ippolita compie 10 anni e durante una lite con una coetanea apprende in seguito ad un'offesa di essere una figlia illegittima, non solo: per la prima volta a causa di quell'aria sognante che spesso la caratterizza, quei capelli fulvi mai visti prima, quel suo girovagare sola per i boschi, viene chiamata strega



La madre adottiva svela ad Ippolita le sue vere origini, inizia per la piccola un periodo di isolamento totale in cui vaga tutto il giorno in quelle terre dove io stessa vivo. 
Conosce l'intreccio dei canali, le erbe che vi crescono sulle rive, i passaggi nascosti della palude, si specchia nell'acqua dei fossi sperando di diventare lei stessa una pianta palustre per scomparire da quella gente che la respinge, da quell'aura maligna che le ruota attorno.

Parla con gli animali selvatici, diventa un tutt'uno con la vecchia palude.

Partecipando ad una sagra paesana la notte di San Giovanni, sente raccontare di terre lontane in cui è possibile arricchirsi facilmente: sono le Americhe.
Ippolita in fondo è solo una bambina, organizza il viaggio con altri bambini del paese per recarsi a piedi nella terra sconosciuta.
Il gruppo, sulla strada per Bologna, viene riacciuffato e punito dai rispettivi genitori che accusano Ippolita di aver utilizzato una magia per convincere i loro figli a compiere questo assurdo viaggio.

Questo episodio aggrava notevolmente la posizione di Ippolita, in paese è sempre più mal vista, il suo modo di essere non viene compreso e mal interpretato. I bambini hanno il divieto di frequentarla.


Frate domenicano

Per colmare le vuote giornate di Ippolita, la madre affida la ragazzina ad un frate domenicano che le insegna a leggere e scrivere e scopre le doti canore di Ippolita. Adesso canta gli inni sacri come solista in chiesa, nascosta però da una tenda.
Il fatto alimenta l'invidia delle gente, rispolvera le vecchie chiacchiere e c'è chi afferma che la bambina abbia stregato anche i frati che tentavano di sottrarla al destino di strega.

Durante il suo girovagare con i piedi a mollo nella palude, Ippolita viene in contatto con una strana donna che vive come un eremita in una capanna nascosta dalla vegetazione palustre, si tratta di una guaritrice che conosce le erbe medicamentose che la natura offre, con esse prepara pomate e pozioni per far guarire persone e animali.


Digitale

Dalla "donna delle palude" Ippolita apprende l'arte della conoscenza delle piante e delle erbe medicinali, impara ad essiccarle e preparare unguenti e tisane curative, si appassiona e riempie la sua solitudine.

Durante l'undicesimo anno di Ippolita, nel paese scoppia un'epidemia di tifo che uccide molti abitanti. Il medico esperto chiamato dalla città, diagnostica come causa, un evento malefico che l'ignoranza della gente attribuisce alla "donna della palude".
Un gruppo inferocito si precipita alla capanna dove, oltre la "strega", viene trovata anche Ippolita e dal quel momento bollata come la sua apprendista. 

Consegnate alla giustizia del Sant'Uffizio, dopo un processo, la "donna della palude" viene bruciata sul rogo in Piazza Maggiore a Bologna, Ippolita restituita alla madre per la sua giovane età.


Capanna di palude



Tutti questi elementi e fatti accaduti, alcuni apparentemente insignificanti, contribuiranno dopo alcuni anni, alla condanna di Ippolita per stregoneria.

La madre adottiva, per proteggere la figlia, la conduce a Bologna per affidarla alla sua famiglia di origine che la accoglie a livello di serva.

Anche nel ricco palazzo invidia e maldicenza sono contro Ippolita che viene allontanata per essere rinchiusa nel Conservatorio di Santa Maria del Baraccano, luogo in cui le giovano ragazze imparano l'arte del ricamo e del cucito in attesa di raggiungere il momento del matrimonio.


Santa Maria del Baraccano


Il Conservatorip del Baraccano esiste ancora a Bologna, ora è un edificio storico del Comune ma dalla metà del '400 fino al XX secolo ha ospitato ragazze orfane o bisognose di assistenza procurando loro la dote al momento del matrimonio.
Si trattava di un'istituzione religiosa con lo scopo di educare e istruire ragazze in difficoltà economiche e di buona famiglia per salvarle da attività "disonorevoli", diversificando i livelli sociali di provenienza.

Le ragazze vivevano in una sorta di clausura ricamando sete e pizzi finissimi per le nobili della città, conducevano vita quasi monastica racchiuse da mura che le isolavano dal resto del mondo.
La vita per queste ragazze era molto dura e priva di qualunque comfort o svago.

Ippolita vive all'interno del Conservatorio del Baraccano fino a 19 anni, soffocando il suo spirito indomito e il suo desiderio di libertà. Quando le condizioni di vita si inaspriscono maggiormente, Ippolita fugge dal Baraccano per tornare nella sua amata palude.


Capanna di palude, interno


In sette anni il paese non è molto cambiato, per il momento il ritorno appare tranquillo, i campi i canali e la palude sembrano attendere il ritorno di Ippolita.
La ragazza, durante il suo quotidiano peregrinare, torna alla capanna della "donna della palude", ritrova i vasi per le erbe e il materiale per preparare i medicamenti, in segreto ripristina l'antico laboratorio.

Inizia così la sua attività di guaritrice, la gente le porta piccoli animali o chiede di curare malanni e acciacchi regalandole qualche monetina. 
Quando, grazie ai medicamenti somministrati, sottrae alla morte un bambino a cui un frate domenicano aveva già impartito l'Estrema Unzione, la situazione precipita: secondo la Chiesa Ippolita ha rubato un'anima già consacrata a Dio per donarla al demonio. 



La ragazza viene arrestata  e condotta in carcere a Bologna, con l'accusa infamante di stregoneria.
I testimoni sono tutti a suo sfavore: la fuga per raggiungere le Americhe, la frequentazione della "donna della palude", la pratica di arti magiche e innumerevoli aneddoti di pura fantasia, tutto depone contro Ippolita.
La ragazza nega ogni accusa e si dichiara innocente, la tortura però spezza la sua resistenza, conferma e accetta le accuse.

Ormai l'isteria degli abitanti del paese è alle stelle: chi dichiara di averla vista volare e trasformarsi in civetta, chi praticare sortilegi con l'aiuto del demonio con il quale aveva stretto un patto, chi l'aveva vista sacrificare animali nella palude in onore di Satana.
Il tribunale non ha bisogno di altre conferme, anche se Ippolita ritratta la confessione strappata sotto tortura, viene condannata al rogo perchè riconosciuta una strega.



Il giorno della sua esecuzione la Piazza Maggiore di Bologna è gremita, ci sono tutti quelli che l'hanno accusata, indossano gli abiti migliori e si sono portati le provviste come in un giorno di festa.
Ippolita ha 20 anni, deve morire per l'ignoranza e la cattiveria tra la folla vociferante che l'accusa e la schernisce.
Dopo impiccagione, il suo corpo viene arso sul rogo davanti alla Basilica di San Petronio tra il vociferare e l'allegria della popolazione esultante.

La storia di Ippolita appartiene al passato ma la caccia alle streghe continua a tutt'oggi, le idee ritenute pericolose in alcuni Paesi vengono soppresse, in molti luoghi dove non esiste la libertà di pensiero si viene sospettati e accusati senza possibilità di difesa.
Ippolita è solo una giovane strega di Pianura, vissuta negli stessi luoghi dove adesso io posso camminare in libertà.



venerdì 19 settembre 2014

UN GIARDINO BELLO TUTTO L'ANNO

Quando si progetta un giardino un aspetto di cui tener conto è come renderlo bello tutto l'anno.
In genere si pensa alle variopinte fioriture primaverili ed estive mentre occorre tener conto della consistenza e forma delle foglie, del colore della corteccia, di frutti e bacche affinché la bellezza del giardino non s'interrompa mai.
La forma delle piante e la disposizione degli arbusti e alberi decidui gioca un ruolo fondamentale che può fare la differenza soprattutto in un giardino di piccole dimensioni.


In un giardino in cui lo spazio è ridotto ogni pianta deve servire ad uno scopo ed occupare un posto ben definito, piante che magari fioriscono pochi giorni all'anno per una sola stagione e necessitano di spazio in larghezza considerare se sarebbe bene sostituirle. 
Ad esempio un'area occupata da una pianta di Hebe, potrebbe invece contenere un gruppo di piante dalle fioriture alternate come un piccolo Rododendro, Lavanda, bulbi nani e Astri.


Nella pianificazione di un'aiuola o di una bordura per ottenere un risultato gradevole tutto l'anno meglio scegliere le piante pensando alle quattro stagioni invece di raggrupparle per fioritura stagionale, un'idea un po' diversa potrebbe essere quella di sistemarle in angolini dove non ci si aspetta di trovarle!

Chi potrebbe immaginare una candida fioritura di Bucaneve in pieno Inverno spuntare tra i rami di un Erica autunnale? Un simpatico modo per rallegrare un'aiuola in "letargo"!


Collocare le pianta una sotto l'altra in modo da creare strati di colore è un buon modo per ottimizzare lo spazio a disposizione: sotto varietà non più alte di un metro (come Lavanda, Cotoneaster o Euonymus) si possono piantare Pervinche a crescita bassa.

Al di sotto di conifere a sviluppo verticale (come il Tasso) la presenza di bulbi a fioritura primaverile non arrecherà certo disturbo, rose rampicanti dal fusto scarno miglioreranno l'impatto visivo se ai loro piedi si pianteranno sempreverdi come Sarcococca confusa.
Non solo gli steli nudi non verranno notati, la fragranza invernale del piccolo arbusto farà dimenticare quella della rosa, assente nella stagione fredda.


Abbinare sempreverdi e perenni è un modo di "nascondere" i rami degli arbusti decidui che si spogliano al termine del periodo vegetativo, le sempreverdi fungeranno da supporto e gli scheletri delle decidue si noteranno meno.

In un giardino anche forma del fogliame e bacche colorate devono avere un posto di rilievo, così come la consistenza al tatto.
La bellissima Hydrangea sargentiana dal molteplice fascino si adatta bene in un angolo ombreggiato del giardino: i fiori blu-porpora sono contornati da fiori bianchi, le foglie vellutate sono un'attrattiva irresistibile.

Callicarpa

Tra le bacche ricordo gli splendidi blu dei Viburni, il lilla di Callicarpa o il rosso di Nandina domestica.

Ho notato che chi visita il mio giardino non riesce a trattenersi dall'accarezzare le foglie della Stachys lanata o quelle carnose e lucide del Sedum
naturalmente le aromatiche non si salvano da una "toccatina" di chi poi si odora l'aroma gradevole sulle dita.

Stachys

In una bordura o un'aiuola, le aromatiche non possono mancare: riempiono gli spazi anche durante l'Inverno sprigionando generosamente la loro fragranza senza contare la loro l'utilità nella preparazione dei cibi in cucina.


Anche gli ortaggi possono convivere con le piante ornamentali, ve ne sono alcuni dal valore estetico così elevato da superare in bellezza le piante ornamentali!
Il carciofo ad esempio con la sua struttura delineata, le foglie grigio-argento e i bei fiori azzurro vivo non ha nulla da invidiare agli arbusti perenni, i topinambur oltre a creare schermature estive ornamentali , si coltivano per i loro gustosi tuberi.


Esistono arbusti capaci di arricchire il giardino per tutto l'anno con i loro molteplici aspetti come il melograno o il corbezzolo, dai frutti colorati e dal fogliame decorativo e, se si desidera raccogliere frutta fresca nel proprio giardino non può mancare un arbusto di uva spina, ribes nero o rosso sotto i quali possono strisciare rosse fragole.

martedì 16 settembre 2014

LONICERA CAERULEA, IL CAPRIFOGLIO BLU

Lonicera caerulea è un arbusto delizioso ed insolito perfetto per le zone umide e fresche, magari collocato nei pressi di un laghetto.
Non è molto utilizzato in Italia nonostante il valore ornamentale e l'eccellente produzione di frutti con caratteristiche simili al mirtillo. 

Io, come al solito, mi sono incuriosita davanti a questa varietà di Caprifoglio commestibile che non conoscevo.
Il piccolo arbusto dal portamento ricadente è originario della fredda penisola Kamchatka Krai, nell'estremo Oriente siberiano quindi in grado di sopravvivere anche a climi molto freddi (-40°C.)., è molto diffuso anche in Giappone.


Lonicera caerulea

Lonicera caerulea viene erroneamente chiamato "Mirtillo siberiano" per la presenza di frutti simili per sapore, aspetto e colore a quelli dei frutti di bosco.
In realtà la pianta appartiene alla famiglia delle Caprifogliaceae, allo stato naturale vive in climi temperati dell'emisfero settentrionale dove da più di 4000 anni le popolazioni indigene ne utilizzano i piccoli frutti.

Caprifoglio blu è un arbusto deciduo che non raggiunge grandi dimensioni (1,5- 2 metri di larghezza e altezza) dal tasso di crescita medio e radici superficiali.

E' costituito da foglie ovali opposte dalla consistenza cerosa e da coppie di piccoli fiori leggermente profumati color bianco-crema che compaiono all'inizio della Primavera e non temono le gelate tardive.



A Maggio, nel periodo di raccolta delle fragole, i fiori si trasformano in frutti cilindrici commestibili simili a lacrime color blu, dal sapore eccellente sia crudi che cotti, ricchi di vitamine, sali minerali e antiossidanti.

Lonicera caerulea è un arbusto delizioso di grande rusticità che ben si adatta a qualunque tipo di terreno, meglio se umido ma ben drenato e ricco di materiale organico.
L'esposizione per una miglior resa è in piena luce ma protetto dai caldi raggi solari in fasce climatiche mediterranee in cui è preferibile una collocazione all'ombra con una pacciamatura del terreno per trattenere meglio l'umidità. (Caprifoglio blu sopporta bene periodi di siccità anche se necessita di basse temperature). Proteggere da venti molto freddi.


Fiore

Il periodo migliore per creare un nuovo impianto di Caprifoglio blu è la Primavera, la massima fruttificazione avverrà quando l'arbusto raggiungerà due anni di vita. Anche se la pianta è autoimpollinante è sempre consigliato impiantare due tipi di arbusti compatibili per un'impollinazione incrociata che favorirà una maggior produzione di frutti.


I frutti

Le piante giovani non necessitano potatura, basta rimuovere le parti secche o danneggiate, per gli esemplari maturi occorre potare dopo la raccolta dei frutti, a metà Estate, rimuovendo le parti sovraffollate o deboli.

Per favorire una crescita in larghezza, suggerisco di potare in punta i nuovi getti. 

Lonicera caerulea è un'ottima pianta da siepe viste le ridotte dimensioni, la sua bellezza si esprime sia in fase di fioritura e fruttificazione ma anche per la colorazione del fogliame grigio- argento che si tinge di tonalità calde in Autunno.




Possiamo considerare Lonicera caerulea come un albero da frutto molto interessante da aggiungere ad una collezione di frutti insoliti ottimi sia mangiati appena colti o utilizzati in confetture, succhi e gelati.
I piccoli frutti per la loro buccia sottile e per la dimensione dei semi non lasciano residui in bocca e si sciolgono sulla lingua come caramelle, si possono aggiungere a yogurt o aromatizzare bevande. 



I frutti maturano molto presto nel corso dell'anno (anche due settimane prima delle fragole), affinchè il sapore sia il migliore attendere che raggiungano una completa colorazione blu all'esterno e la polpa invece dovrà virare dal verde al viola.

Un arbusto di Caprifoglio blu fruttifica per 20 giorni per una durata di 30 anni di vita.



Lonicera caerulea non necessita di cure assidue, l'irrigazione deve essere profonda nei primi tre anni di vita, una concimazione primaverile è consigliata.
Diversamente da molti alberi da frutto, Mirtillo siberiano non è attaccato da parassiti o micosi, attira insetti e uccelli che ne favoriscono la propagazione tramite seme.
La riproduzione può avvenire in tardo autunno per talea legnosa.

sabato 13 settembre 2014

GIARDINO DI PALAZZO PFANNER, VIVERE IN UN FILM

"Il cortile di Palazzo Pfanner pare costruito per ospitare spettacoli , con
 la sua scalinata da teatro e l'atrio dal soffitto a volta che sfuma in lontananza
nella piacevole vista di un fresco giardino verdeggiante"
André Suarès


Basta uno sguardo veloce a Palazzo Pfanner e al suo curatissimo giardino per comprendere perché sia stato più volte scelto come location per film di alto livello come "Il marchese del Grillo" con Alberto Sordi, "Ritratto di signora" con Nicole Kidman, "Arrivano i bersaglieri" con un cast dai nomi famosi tra cui quello di Ugo Tognazzi.


Addentrandosi in Via degli Asili, a Lucca, una piccola strada all'interno delle mura, non ci si aspetta di accedere ad un simile gioiello di architettura settecentesca il cui delizioso giardino all'italiana mi ha piacevolmente stupito.
Il giardino è una perla incastonata tra antiche mura e una scalinata monumentale, probabilmente nato da un progetto di Filippo Juvarra, il grande architetto e scenografo barocco siciliano. 


La storia di Palazzo Pfanner inizia nel 1660 quando ricchi commercianti di Lucca ne commissionano l'edificazione, dopo un ventennio, a causa di un tracollo finanziario, cedono la residenza ad altri mercanti della seta ascesi ad un rango nobile grazie ai quali viene richiesta la rielaborazione del giardino retrostante.

Verso la metà dell'800 entra in scena la famiglia Pfanner, birrai bavaresi che installano nella villa la loro birreria, una delle più antiche d'Italia.

Della storica birreria, collocata dalla metà del XIX sec. fino al 1929 tra le cantine e il giardino del palazzo (che ancora oggi appartiene alla famiglia Pfanner) sono rimaste le antiche vasche in muratura, gli opifici e le ghiacciaie.

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Dal 1995 la sontuosa dimora è aperta alle visite del pubblico che può ammirare mobili d'epoca, gli affreschi e una ricca collezione di oggetti medico-chirurgici antichi, libri di medicina ottocenteschi appartenenti alla famiglia Pfanner.


Il giardino barocco spicca nella città medioevale con la ricchezza delle 14 statue settecentesche che rappresentano gli dei dell'Olimpo e le Quattro stagioni.
Le perfette armonie geometriche, la definizione rigorosa degli spazi è quella del tipico giardino all'italiana che si sviluppa nella parte retrostante la villa, con i precisi confini delimitati da siepi di bosso e alloro.


I vialetti squadrano gli spazi rettangolari e sono arricchiti da numerose piante di limoni, rose e fioriture stagionali.

Al centro dell'area verde, il giardino formale ospita una fontana ottagonale rivolta verso il palazzo.
Nettuno con la moglie Anfitrite, Bacco e Mercurio sorvegliano gli schizzi d'acqua che con armonia danzano nella vasca circondati dalle belle camelie, begonie e gerani.

Il boschetto di bambù

Pini secolari ombreggiano il giardino; allori, tassi, magnolie e peonie esaltano gli spazi con le loro forme e colori.
Di particolare pregio la storica limonaia sormontata da una balaustra sulla quale si ergono due leoni con un basilisco al centro, interessante l'antico boschetto di bambù.


Addossata alle vecchie mura, una notevole siepe di Hydrangea macrophylla protegge le statue di Cibele e Ercole, poste in nicchie soffocate dal verde lussureggiante.


Il parco di Palazzo Pfanner non è un giardino monumentale ma è riuscito a stupirmi gradevolmente per la grazia e l'armonia delle forme, la frescura e la quiete che si respirano sedendo a ridosso delle antiche mura, la cura pregevole deo più piccoli particolari.



Mentre ammiravo l'insieme dall'ampio scalone che prima di me ha visto personaggi di alto livello, attori, registi, turisti, ho immaginato le coppie sedute ai tavolini sorseggiare boccali di birra fresca, camerieri in livrea  aggirarsi silenziosi, pavoni passeggiare solenni tra i grandi vasi di agrumi.....


Visitare Palazzo Pfanner a Lucca è fare un tuffo nel nostro prestigioso passato, nella cultura del nostro Paese, un privilegio da non lasciarsi sfuggire.